Brigantino Italia
Nel bel mezzo dell’Oceano Atlantico il brigantino Italia è alla mercé dei venti avversi e di un incendio che è divampato dalla stiva piena di carbone. Il capitano Orlando Perasso però è uomo di navigata (aggettivo azzeccato) esperienza e riesce a tenere a galla la nave per una decina di giorni. Sono i primi dell’ottobre del 1892. La sua tenacia è ripagata quando, tra le nuvole e la foschia, il marinaio Agostino Lavarello avvista terra. I 17 italiani a bordo, marinai esperti, riescono ad arenare sulla spiaggia il brigantino.
Contro ogni previsione, hanno scampato la morte e riabbracciato la vita, ma sono a chilometri di mare distanti da casa. Scopriranno che questo non rappresenterà un problema perché gli abitanti dell’isola offriranno loro cibo e dimore per tre mesi, tempo che serve ad un’altra imbarcazione per venire a prenderli e trasportarli in patria. È il Gennaio del 1893 e la goletta inglese Wilde Rose è pronta a salpare dallo stesso punto in cui erano naufragati settimane addietro. Sulla goletta, però, non salgono tutti: Andrea Repetto e Gaetano Lavarello, originari di Camogli (GE), salutano i compagni di disavventura dalla spiaggia, abbracciati alle due ragazze di cui si sono innamorati perdutamente.
Sulla goletta c’è un altro camoglino, Agostino, lo stesso che aveva avvistato quella terra così piccola e graziosa e che adesso è costretto a perdere. Agostino saluta e si commuove, sia perché tra poco riabbraccerà l’anziana madre, ma anche perché abbandona l’isolana che gli ha rubato il cuore, Mary Green.
Questa, che può sembrare la trama di un romanzo ottocentesco, è la vera storia raccontata dallo stesso Agostino nel 1930, nel suo scritto “I naufraghi di Tristan”, e di come su quell’isola sperduta e accarezzata dal gelido Atlantico si insediarono due cognomi italiani: Repetto e Lavarello. Ancora oggi un pezzo del nostro paese è ben radicato tra gli 8 cognomi totali della popolazione.
Lontana più di 2.000 km dal resto del mondo, respira l’isola di Tristan da Cunha.
Tristan da Cunha
Prende il nome dal portoghese che la scoprì nel 1506 e in cinquecento anni di storia è stata oggetto di sbarchi, perlustrazioni e sopralluoghi che hanno creato man mano il tessuto sociale dei giorni nostri.
L’isola principale, che in 98 km² ospita l’insediamento umano nella capitale Edinburgh of the Seven Seas (chiamata dai locali ‘The Settlement’, lett. ‘l’insediamento’) e altri piccoli centri, appartiene al Territorio britannico d’oltremare di Sant’Elena, Ascensione e Tristan da Cunha, ed è avvicinata da una serie di isole disabitate: l’Isola Inaccessibile (nome che lascia poco all’immaginazione), le Isole Nightingale e l’Isola Gough, in cui fa eccezione una stazione meteorologica sudafricana dove vi operano annualmente diverse persone.
L’isola principale è perlopiù montagnosa ed è sede del vulcano attivo Queen Mary’s Peak, la cui ultima eruzione è datata 1961, che rappresenta anche la vetta più alta con i suoi 2.062 mt.
La bassa antropizzazione e l’isolamento dell’arcipelago hanno favorito il rigoglio di una grande ricchezza biologica. Tra le varie tonalità di animali e piante, da segnalare i particolari casi del tordo delle Tristan e del rallo dell’Isola Inaccessibile: dopo essersi insediati qui sono diventati incapaci di volare, probabilmente a causa della mancanza di predatori.
Difendere la biodiversità
Queste specie si potrebbero osservare in una tranquilla passeggiata sulla spiaggia, magari insieme ai pinguini. Sì, Tristan ospita anche i più noti uccelli non-volanti. I problemi, però, sopraggiungono come al solito con l’arrivo dell’uomo, la cui predisposizione alla caccia minaccia la fauna, che tra l’altro ha subito anche l’arrivo di specie invasive come cani, gatti, topi e ratti, a cui sono incapaci di difendersi.
A ciò si aggiungono gli impulsi conseguenti alle navi da crociera, sempre più frequenti, e alle spedizioni di ricerca. Il risultato è l’indebolimento delle difese della biodiversità dell’isola, considerata patrimonio naturale dell’umanità. Nonostante gli sforzi atti a proteggere animali e vegetali originari, i fattori invasivi incidono sempre di più ponendo a rischio d’estinzione le specie autoctone delle isole.
Uguali e pacifici
Ufficialmente si parla inglese, ma la comunità ha sempre usato un dialetto creolo, frutto delle diverse lingue natie dei fondatori, e la religione principale è il cristianesimo, di maggioranza anglicana. Ma quello che colpisce di più della loro società è proprio la concezione di comunità.
I tristaniani credono fortemente in basi di uguaglianza secondo le quali le spese e i ricavi vengono egualmente condivisi tra tutti i membri, evitando quindi che alcuni si arricchiscano sulle spalle degli altri. Sempre secondo questi accordi, ogni disoccupato ha il diritto-dovere di avere un lavoro non appena disponibile, i beni della comunità sono i beni di tutti e non esiste proprietà privata e persone che impartiscono comandi agli altri. Conseguentemente, le risse e la violenza sono assolutamente inaccettabili e l’uso della sterlina come mezzo di scambio è molto modesto.
Affascinante anche l’approccio alle relazioni sentimentali, che nascono nei numerosi balli organizzati dalla comunità. Un ragazzo può ballare con la stessa ragazza per non più di tre volte, ovviamente se essa non è la sua fidanzata, e può accompagnare una ragazza a casa, ma non può avvenire il contrario. Tra l’altro, durante il corteggiamento, un ragazzo sa di essere accettato se la ragazza gli cuce un paio di calze o gli lava i vestiti.
Comunque, la legge tristaniana impedisce il matrimonio prima dei 21 anni.
Il gioiello nascosto
Tristan è considerata uno degli insediamenti umani più remoti al mondo, come si è ben capito, e a causa della mancanza di porti e aeroporti può essere raggiunta soltanto dopo cinque o sei giorni di navigazione su battelli da pesca sudafricani.
Tristan da Cunha è un gioiello immerso nelle nubi dell’Atlantico, come fosse un tesoro nascosto agli occhi del resto del mondo. La sua storia ci può insegnare a trattare con tatto e delicatezza le perle naturalistiche che si possono scovare in ogni angolo, che hanno bisogno di protezione e costante cura e che regalano attimi mozzafiato.
Per il resto, invito caldamente ad approfondire la cultura dell’isola Tristan da Cunha sul sito ufficiale: http://www.tristandc.com
Immagine in evidenza:
Cartello di benvenuto sull’isola che recita: ‘Benvenuti sull’isola più remota’// credits: dxnews.com
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