“Il pericolo non viene da quello che non conosciamo, ma da quello che crediamo sia vero e invece non lo è”. Così scriveva Mark Twain, riassumendo una verità semplice e cristallina che ultimamente sembra essere evaporata dalla coscienza della maggioranza.
Tutto ciò che non conosciamo, tutto ciò che si allontana dalla nostra quotidianità, dal nostro vivere routinario, pare essersi trasformato in una minaccia, qualcosa di incomprensibilmente pericoloso sul quale scaricare rancori e frustrazioni. Gran parte delle distanze sociali e culturali che abbiamo imparato a costruire all’interno delle nostre comunità trovano origine e impulso proprio in questa forma d’ignoranza, ovvero nel non conoscere cosa si celi al di là del muro eretto a protezione della nostra identità.
Come cercatori e cercatrici di Bellezza noi di Aware vogliamo sgretolare questa barriera di terrore e costruire ponti che accorcino la lontananza proprio dove questa sembra essersi fatta voragine. Intendiamo utilizzare le storie personali come lastre di legno sulle quali camminare per raggiungere il terreno scomodo e incerto dello sconosciuto, per incontrare il “di là”, il “diverso”, e riconoscerlo, forse, specchio capovolto del nostro io. Lo faremo a cominciare da uno dei temi più attuali e ultimamente controversi: l’immigrazione.
Dietro ogni proclama politico, dietro ogni titolo di giornale, si nascondono umili e silenziose le storie di migliaia di persone in carne ed ossa, uomini e donne in viaggio, aggrappati al proprio destino come a un salvagente nella tempesta. Ognuna di queste persone porta con sé storie fatte di sogni infranti, speranze accarezzate, dolori gettati al di là della balaustra di una barcucola in mare aperto.
Ascoltare questi racconti potrà donarci luce per aprire gli occhi e immaginare cosa succede realmente, andando oltre il grigiume vuoto del rigurgito ideologico, che sia declinato in forme di sospetto, criminalizzazione o vittimizzazione, i paradigmi che sembrano prevalere oggi nelle narrazioni riguardo “lo straniero”. Nostro obiettivo è uscire da questi sguardi difettosi e problematici, nel tentativo di “restituire” dignità di soggetti politici ed in primis persone a questi volti e corpi, con un nome, un passato, rivendicazioni, desideri e bisogni. Come tutti e tutte noi. Queste storie possono rappresentare terra fertile sulla quale far crescere un seme di empatia, nella consapevolezza che proprio qui si cela il nostro fondamento d’umanità.
Racconteremo i ricordi di chi ha attraversato il mare scappando da villaggi in fiamme, o di chi ha camminato per mesi custodendo negli occhi il sogno di riunirsi ai propri famigliari. Scriveremo di donne strappate alla propria terra con l’inganno e di madri che hanno lasciato tutto per offrire ai propri figli un domani dignitoso. Saranno racconti e interviste, storie dirette che dalla bocca di chi le ha vissute si fanno testimonianza viva e mettono necessariamente in discussione il nostro modo di vivere e stare al mondo, le nostre convinzioni, i nostri pregiudizi.
Come sempre, chiunque le ha vissute e vuole raccontarsi può scriverci, così come chi, per professione e/o vocazione, da queste storie è stato/a toccato/a e vuole contribuire a costruire con noi questa narrazione altra, nella consapevolezza che questo può rappresentare un piccolo granello di cambiamento, capace di renderci tutti e tutte più vicini/e.
Ed è con questa vicinanza che allontaniamo la paura figlia dell’ignoranza e scopriamo che in fin dei conti l’unico pericolo reale è “ciò che crediamo vero e invece non lo è”. Come diceva Mark Twain, come è.