Ci accompagna in camera e le sue scarpe in corda non lasciano suoni sulle scale di legno, come se sotto la tunica color notte pattinassero con una leggerezza da ballerino. Negli occhi dal taglio asiatico uno sguardo pieno di vita, sulle mani la compostezza di chi è stato educato a rispettare le distanze.
Non parla molto, ma ad ogni domanda risponde con un inglese lento e curato. Nella voce una patina di placida tristezza che male si intona con le pupille vispe.
Nel chiacchiericcio di fronte alla porta della camera, Elena ed io gli confidiamo che vorremmo visitare l’area dei Buddha di Bamyan, o almeno quello che rimane dopo le detonazioni dei Talebani. Ci aspettiamo giusto qualche consiglio, lui si offre con un sorriso leggero di accompagnarci per l’intera giornata.
Oltre che receptionist nell’alberghetto del paese, lavora come guida turistica quando le condizioni lo permettono. In realtà, da quando l’Afghanistan è finito tra le mani del gruppo estremista pashtun, di turisti non se ne sono più visti tanti in giro. Anche per questo, di fronte alla confidenza della gravidanza al secondo trimestre di Elena, gli occhi stretti di Asif si allargano di sorpresa.
Passiamo una giornata insieme tra i sali-scendi delle montagne brulle dell’antico polo spirituale dell’Asia minore. Le vette innevate intorno a disegnare una cornice di luce, il silenzio acceso di un luogo che per secoli ha ospitato migliaia di monaci rannicchiati in piccoli cuniculi scavati nella roccia.


Asif ci racconta la sua storia e di come sia cambiata dall’arrivo dei Talebani.
Prima faceva il musicista con suo papà. Erano un duo famoso in tutto il paese, su YouTube ancora oggi si trovano le registrazioni delle apparizioni sulla televisione nazionale.
Suonava la dambora e l’armonium, gli strumenti tipici dell’etnia hazara e insieme all’oud del papà accompagnavano alcune delle voci più note del canto popolare dell’Asia centrale.
Hazara, di fede sciita e musicista, con l’arrivo dei Talebani la sua vita e quella della sua famiglia è cambiata radicalmente.
Gli strumenti sono stati sequestrati dalla polizia delle virtù, il braccio militare dei tribunali islamici estremisti, e la musica in pubblico vietata perché fonte di peccato.
Asif e la sua famiglia hanno dovuto abbandonare la casa, sino ad allora data in concessione dalla municipalità per il lavoro come impiegata pubblica della mamma. Si sono trasferiti tutti e sette in una stanza di fango fuori dal paese, una tela di cotone rammendato a separare il dormitorio dall’area giorno e il suo misero stipendio da receptionist a sfamare tutta la famiglia.
Il giorno successivo all’incontro, con le valigie in mano pronte per lasciare Bamyan, ci salutiamo e tra gli sguardi pieni di meraviglia lasciamo andare la promessa di rivederci presto, se Dio vorrà.
Da quella promessa sono passati otto mesi. E oggi vogliamo mantenerla.
Con il collettivo culturale AWARE abbiamo lanciato una raccolta fondi per permettere ad Asif di lasciare l’Afghanistan, rifugiarsi in Iran e da qui fare domanda di visto per raggiungere l’Italia. Una volta arrivato in Europa, potrà tornare a fare quello che le sue mani composte conoscono meglio: suonare, e spargere il suono di una libertà ritrovata tra la curiosità delle persone intorno.
Abbiamo invitato Asif a partecipare come musicista al prossimo Festival delle Cose Belle che si terrà nell’agosto 2025.
Questa potrà anche essere l’occasione per far conoscere la sua musica con una serie di concerti nel paese e far riflettere sulla condizione che migliaia di persone vivono in questo momento in Afghanistan.
Se puoi, partecipa anche tu alla campagna di raccolta fondi, ogni euro è una nota di armonium capace di avvicinare il sogno di un futuro giusto in cui la musica rappresenti un ponte tra le persone e non un peccato da cui fuggire.
Se non puoi, condividi il link della campagna con i tuoi contatti e aiutaci a fare arrivare la storia di Asif il più lontano possibile. Il link alla campagna è qui.
Aiutaci a mantenere una promessa lasciata andare tra le montagne afgane otto mesi fa. Dentro la storia di Asif e il suo passo da ballerino, c’è tutto il peso di un mondo capace di opprimere e redimersi, e la consapevolezza che dipende anche da noi quale dei due volti far pesare.
Grazie fin d’ora per l’aiuto che vorrai e potrai dare ad Asif.
Non vediamo l’ora di ascoltare il suono soffice di un nuovo armonium sul palco del Festival delle Cose Belle 2025 e scoprire, una volta ancora, quanto la solidarietà possa essere seme di giustizia.
