Immaginiamo insieme: verdi vallate che solcano il paesaggio montano, bucolico, rurale e la leggera brezza delle Alpi che ci fa da guida verso la Valle del fiume Lys. Siamo nelle regioni intorno al massiccio del Monte Rosa e tra le meraviglie di Madre Natura, dopo chilometri di camminata, ci imbattiamo in un’abitazione particolare, con lo sporto del tetto più lungo del solito e soppalchi in legno che corrono intorno alla casa.
Il piano terra è costruito interamente in pietra, a differenza dei piani superiori di legno di larice, e ci apprestiamo a bussare alla porta incuriositi. Apre una signora in veste rossiccia di mezzalana, con un grembiule ricamato azzurro e i comuni scapin valsesiani ai piedi; pronuncia parole incomprensibili, ma parla anche l’italiano e ci invita ad entrare.
Ci spiega di essere arrivati in una delle centinaia delle comunità Walser sparse in quei territori, poi ci dirige nella “Stube”, il soggiorno, un tempo unico locale riscaldato della casa perché provvisto di stufa (vocabolo che in italiano deriva proprio da Stube).
Una parete di legno separa per questioni di igiene la stalla dalle “wongade”, le zone della casa ad uso della vita quotidiana umana, poi serve sul tavolino una grappa di erbe e inizia a raccontare la storia secolare dei suoi antenati.
Walliser: vallesano
I Walser (contrazione del tedesco Walliser, cioè vallesano, abitante del canton Vallese) sono una popolazione di origine germanica che tra il XII e il XIII secolo percorse le antiche mulattiere per risalire le valli, superare le montagne e ridiscendere a sud delle Alpi in cerca di luoghi dove dar vita a nuovi villaggi.
La rete di circa ottocento chilometri dei sentieri da loro percorsi, che costituisce il cosiddetto “Grande sentiero Walser”, gli vale la fama di instancabili camminatori dal passo lungo e cadenzato, da cui il detto ‘Cammina come un Walser’. Oggi popolano sparsi insediamenti, autosufficienti e solidali, in più stati: Liechtenstein, Svizzera, Francia, Austria e Italia (nell’alto Piemonte e la Val d’Aosta).
Sbrinz Route
Saliamo al piano superiore dove si trova il fienile e le camere da letto. I piani hanno pavimenti e soffitti non condivisi ma separati da colonne a forma di fungo, sempre in legno e pietra, per evitare infiltrazioni di umidità e scomode intrusioni di topi, amanti dei fienili.
La trovata di queste colonne è dovuta alla necessità di condividere nella stessa abitazione l’utile del lavoro agricolo e della vita domestica: “Zin d’chatzi tur dan bach” (lett. ‘trascinare i gatti nel torrente’) recita un loro proverbio tipico, usato per spiegare una difficile situazione da affrontare. L’idioma, chiamato Titsch, è una particolare variante del dialetto tedesco meridionale, ed è ottenuto da una base di ovvia origine tedesca unita alle influenze successive delle località confinanti: il romancio e, nei centri nostrani, l’italiano.
L’isolamento dei loro borghi abitativi ha permesso un riuscito mantenimento della lingua e delle usanze, che, anche plasmate attraverso il progresso contatto con il turismo, hanno cementificato la popolazione Walser in un’unica grande famiglia. Frequenti sono le ricorrenze tradizionali e i raduni, come il passaggio della Sbrinz Route, caratteristica carovana di figuranti che dalla Svizzera percorre la via storica fino alla Val d’Ossola.
Alle abitudini pagane si aggiungono quelle religiose, occasioni in cui la comunità dimostra tutto il suo attaccamento alla cristianità.
Leggende Walser
La fedeltà alla religione è un elemento che si aggiunge alle credenze popolari e alla magia dei paesaggi alpini: il risultato è un originale mondo leggendario di presenze soprannaturali, folletti, spiriti e tesori nascosti. Un esempio è l’idilliaca leggenda della “valle perduta”, incantata e ricca; di verdi prati, strade di formaggio e fiumi di vino.
In un vorticoso universo di favole e storie vere, non mancano anche usanze legate alla vita post-mortem. Molto particolare è quella relativa alla “finestra dell’anima”: una piccola apertura costruita nella parete della stube che viene aperta alla morte di un famigliare per liberarne l’anima diretta verso i ghiacciai del Monte Rosa a purgare i peccati commessi in vita. La finestra viene poi richiusa subito dopo affinché l’anima non trovi la via del ritorno.
I pensieri sono liberi
Importante per i Walser è anche la libertà di pensiero di ogni singolo individuo, che la signora evidenzia cantando dei versi di un loro canto orale, mentre ci accomiatiamo:
“I pensieri sono liberi […] Nessuno li può conoscere, nessun cacciatore può ucciderli […] I miei desideri e i miei sogni nessuno può impedirli […] I miei pensieri spezzano le barriere, passano i muri. I pensieri sono liberi”
Con i pensieri liberi ringraziamo i Walser e i loro colori, immaginiamo di immergerci di nuovo nell’ incontenibile bellezza del mondo, e apprestiamoci a dirigere i nostri passi verso nuovi orizzonti.
Credit immagine in evidenza: Massimo De Candido (vacanzeinmontagna.blogspot.com)