Sotto la mimetica
Se pensiamo ai Curdi ci passano per la mente le immagini di soldati in divisa in zone di guerra, o di uomini e donne che marciano con bandiere e cartelloni di protesta, rigorosamente con le due dita alzate. Ciò che ci arriva dal mondo dei media è il punto di contatto ultimo del popolo curdo con il mondo internazionale.
Ma cosa si cela sotto la mimetica militare e dietro le due dita alzate?
La Terra dei Curdi
Si stimano tra i 30 e i 45 milioni di individui facenti parte dell’etnia curda, sparsi in diversi stati: Turchia, Iran, Iraq, Siria, Armenia e Azerbaigian. Numericamente parlando, quindi, costituiscono uno dei più grandi gruppi etnici privi di unità nazionale. Una regione geografica la avrebbero anche: il Kurdistan, che però non ha mai raggiunto l’indipendenza piena nonostante secoli di sforzi e tentativi.
La “Terra dei Curdi” è un vasto altopiano che ricopre la parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia. Esattamente: è proprio la regione famosa a tutti gli scolari in cui corrono il Tigri e l’Eufrate, culle di antiche civiltà. Ora la terra dei Sumeri, degli Assiri e dei Babilonesi, è divisa tra gli stati sopracitati che se ne spartiscono pregi e difetti. Il clima rigido e le abbondanti precipitazioni ne fanno luogo perfetto per coltivazioni di cereali e allevamento.
Nonostante il Kurdistan abbia delle definizioni ben precise, non è considerato dalla comunità internazionale come uno Stato a sé stante. Il volere dei Curdi è noto da molti anni, e anche se il Kurdistan iracheno e quello siriano hanno acquistato ultimamente una certa autonomia politica, l’indipendenza rimane ostacolata rendendo i Curdi un popolo diviso e senza uno Stato.
Non è un caso che un loro proverbio reciti: “I Curdi non hanno amici ma montagne”. Proprio perché nella loro lunga storia sono stati più volte ingannati dai poteri sovrani con promesse mai mantenute.
Origini, storia e tradizioni
Le origini dei Curdi non sono ancora del tutto chiare nemmeno agli storici, e proprio per questo esistono svariate teorie, formulate su ritrovamenti vari e tutte abbastanza realistiche. Viene da sé che se l’uomo non è a conoscenza di un fatto, lo romanza e lo mitizza. Interessanti leggende legano la discendenza curda a due personaggi biblici: Salomone e Noè.
Una prima leggenda, infatti, vede il re d’Israele inviare dei djinn (creature sovrannaturali presenti nel Corano, spesso tradotti come ‘geni’ o ‘goblin’, ‘folletti’) alla ricerca di nuove e belle spose. Al loro ritorno però trovarono il re morto, e fuggendo con le spose generarono i Curdi.
Un secondo mito racconta invece di come Noè fondò la città di Judi (attuale Cizre), dove giunse un suo discendente, Melik Kürdim, a cui si fa risalire la nascita della lingua curda.
Ma ci sono anche dei sicuri risvolti storici, ovviamente. Nel VII secolo d.C. la regione venne conquistata dagli Arabi e i Curdi si convertirono all’Islam. Tra il XII e il XIII secolo sarà proprio una dinastia curda a regnare in Egitto e in Siria: era nato, infatti, in un villaggio curdo il sultano Saladino, avversario dei crociati.
Nel Settecento il Kurdistan fu spartito dall’Impero Ottomano e dalla Persia, riuscendo a mantenere un sistema economico-sociale di tipo feudale. Il secolo successivo iniziarono a manifestarsi le aspirazioni indipendentiste, tutte represse dagli Ottomani. La fine della Prima guerra mondiale liquidò l’Impero Ottomano dividendone i territori.
Era arrivato il momento perfetto per creare uno Stato: il Trattato di Sèvres del 1920 stabiliva il diritto all’autonomia curda.
Poi arrivarono i turchi che si opposero, e tre anni dopo annullarono quando stabilito a Sèvres. Ancora una volta, i Curdi si trovarono smembrati e costretti a ricominciare le lotte con conseguenti repressioni sanguinose, che ancora persistono nel Terzo Millennio.
Il Dengbej: la voce che racconta
Una ricca tradizione di folklore allieta i Curdi di generazione in generazione, trasmessa da parole o canzoni.
Le leggende e le fiabe curde sono parabole che tendono a non drammatizzare gli eventi e talvolta sono beffarde. La religiosità è uno dei tanti temi, ma non è vissuta come elemento essenziale; molto diffuse sono le fiabe animali alle volte con uno sfondo morale, i protagonisti delle quali spesso fanno parte del mondo sociale reale curdo.
Le storie narrate, che siano giocose o educative-religiose, hanno elementi ampiamente ricorrenti: la volpe astuta che trionfa quasi sempre ma spesso incontra anche la sua fine, e l’origine di una tribù. Fautore e tramite fondamentale del folklore è il Dengbej.
Le parole che solcano le pareti delle montagne e scorrono fluviali lungo le ampie valli della Mesopotamia, provengono dalla bocca dei Dengbej (‘Deng’= voce; ‘Bej’= che racconta), cantastorie che sin dall’antichità preservano la memoria collettiva del popolo curdo. Col solo ausilio della voce, questi maestri conservano e tramandano in componimenti epici le storie di battaglie, eroi, amori impossibili, ma anche i difficili rapporti della cronaca recente.
A causa della criminalizzazione della lingua curda i Dengbej furono messi a tacere: dagli anni ’80 del Novecento la Turchia bandì il vocabolario curdo, la loro lingua e persino le stesse parole ‘Kurdistan’ e ‘Curdi’, nel tentativo di negarne totalmente l’esistenza.
Questo silenzio ha costretto i Dengbej ha praticare in segreto, ma soprattutto ha spezzato la tradizionale trasmissione folkloristica, con un danno alla memoria collettiva di immensa portata. Infatti, ad oggi, il più grande problema per i cantastorie è la mancanza d’eredi: le nuove generazioni, in un conflitto perenne e nel continuo cambiamento culturale, faticano ad avvicinarsi a questa fantastica arte.
Newroz: la primavera curda
L’evento dell’anno più importante, per energia e simbologia, è il Newroz. Cade nell’equinozio di Marzo (tra il 19 e il 21 Marzo) e porta i Curdi a festeggiare per le strade l’arrivo della primavera, con giochi, balli, cibi, poesie e canzoni. Ma non è un semplice Spring Break.
L’arrivo della primavera è celebrato sin dal neolitico, e la radice di questa storia risale alle antiche leggende iraniane. Si racconta di Zuhak, malvagio re assiro con dei serpenti cresciuti dalle sue spalle; durante il suo millenario regno, fece sì che non arrivasse più primavera in Kurdistan.
Il malefico regnante ogni giorno pretendeva il cervello di due uomini sacrificati per essere mangime dei suoi serpenti. Tuttavia, l’uomo che era incaricato di sacrificare i due giovani ogni giorno avrebbe invece ucciso solo un uomo al giorno e avrebbe mescolato il suo cervello con quello di una pecora per salvare l’altro uomo.
Il giovane salvato, antenato dei Curdi, vene quindi addestrato da Kaveh, un fabbro che stava guidando la rivolta contro il malvagio Zuhak. Ucciso il re con un martello, si dice che Kaveh abbia dato fuoco alle colline per celebrare la vittoria e farlo sapere a tutti. La primavera tornò il giorno successivo.
Questa leggenda è tuttora utilizzata dai Curdi per ricordare a se stessi che sono persone diverse e forti; l’illuminazione dei fuochi è da allora simbolo di libertà. Non a caso è tradizione, durante la festa, di saltare un fuoco, simbolo del passaggio dalla stagione oscura, l’inverno, alla primavera, stagione di luce.
Oltre al ricordo della leggenda storica, Newroz è anche simbolo di un futuro di speranza. I Curdi, oppressi fin dalla loro nascita, associano alla primavera, al fuoco, alla luce, il bisogno e il desiderio di libertà e indipendenza. Il Newroz diventa, così, grido di presenza in faccia a chi vuole a tutti costi sopprimere la colorata vitalità curda.
La politica “azzera Curdi”
Al giorno d’oggi i Curdi lottano contro vari governi, tanti quanti ne richiedono la soppressione. Delle lunghe pagine di storia nera che potrei riportare, cito al volo la situazione generale che ormai da decenni vede il popolo curdo in perenne guerra.
In Iran il governo di Teheran li sottopone a esecuzioni sommarie e torture; le donne sono vittime di stupri e violenze. Il 14 Settembre del 1981 diciotto operai curdi furono uccisi in una fabbrica di mattoni.
In Iraq la resistenza curda è quella più organizzata, ma le conseguenze di ciò sono quindi più umanamente disastrose: deportazioni di massa, bombardamenti e attacchi con armi chimiche.
Con la fine dell’Unione Sovietica, che considerava i curdi armeni con lo status di minoranza protetta, il governo dell’Armenia spogliò di ogni diritto la minoranza etnica; molti curdi fuggirono in Europa Occidentale.
Nell’Azerbaigian si contano più di 5.000 Curdi deportati nel 1988; molte aree furono completamente distrutte. Il 5% della popolazione siriana è curda; questa percentuale è costretta, dal 9 Ottobre del 2019, a difendersi dall’offensiva del governo turco in territorio siriano, nella regione autonoma del Rojava. Sono proprio i turchi i maggiori propugnatori della politica ‘azzera Curdi’.
Il conflitto tra la Turchia e gli insorti è ancora in corso. Nel tentativo di negare la loro esistenza, il governo turco li categorizzava come “Turchi delle montagne” propagando una veloce soppressione della lingua curda, che venne vietata nella vita pubblica e privata. In risposta, si formò il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) che diede forma al malcontento, in cerca di stabilire diritti culturali e politici per la minoranza curda.
L’insurrezione ebbe inizio il 15 Agosto del 1984. Da quella data sono cadute oltre 50.000 anime, la stragrande maggioranza erano civili curdi.
La formazione dello Stato del Kurdistan, data l’attuale divisione del Medio Oriente e i continui focolai di morte, appare irrealizzabile. Sotto la polvere da sparo e la sabbia mesopotamica si cela uno dei luoghi più ricchi di petrolio al mondo. Ecco perché. Ragionando in maniera concentrica, è questo il punto di partenza e d’arrivo di tutto: il petrolio. Da qui parte e finisce la vita, nel mezzo c’è morte.
Nessuno vuole cedere il passo ad altri in quelle terre. Si noti che oltre alle potenze già citate, c’è da aggiungere la rilevantissima mano americana che da anni porta ‘democrazia’ e carri armati.
Due dita in cielo
Chi si nasconde dietro la mimetica e le due dita in cielo? Donne, uomini, bambini, padri, figli, sorelle, amici.
Stanno chiedendo uno Stato dove poter vivere; stanno domandando il diritto di esistere, tra il petrolio, il sangue e le tombe degli avi.
Vi lascio con le parole del poeta curdo Mehmet Emin Bozarslan:
“La nostra poesia è scritta con le lacrime”
La fantasia tesse nuovi racconti,
ricama con fili di lacrime,
con colori di sangue,
del sangue dei ragazzi e delle ragazze
che scorre eroico sui nostri monti,
su queste montagne curde.
Per altri ‘Orizzonti vicini ‘ <– clicca qui
Immagine in evidenza:
Ragazzo curdo sventola la bandiera del Kurdistan// credits: Ipa-agency