Circassi
Nell’Europa del Settecento, la produzione e la rivendita di cosmetici iniziava a prendere piede nei migliori salotti del Vecchio Continente. Ad imbellettare i puliti visi delle aristocrazie ci pensavano i mercanti, perlopiù genovesi, che importavano dall’Oriente i migliori prodotti. Frequentemente, pubblicizzavano la mercanzia affibbiandola all’uso delle donne “circasse”, ai tempi considerate come prototipo di bellezza estetica femminile. Ma chi sono queste “circasse”?
“Circassi” è il nome con cui è conosciuto il popolo degli Adighè che abita la Circassia, una regione ad ovest del Caucaso. In realtà, la comunità Adighè si estende in tanti altri luoghi ed è una delle varie popolazioni autoctone che abitano la lingua di terra che separa il Mar Nero dal Mar Caspio.
Sono tra gli abitanti originari della regione, e nonostante esista tuttora la Repubblica di Adighezia (facente parte della Federazione Russa), gli Adighè sono sparsi nella geografia mondiale. Il motivo lo vedremo più avanti. Per ora, basti sapere che i circa 600.000 Adighè abitano in Turchia, Giordania, Libano, Israele, Macedonia, Egitto, Libia, Stati Uniti e Russia. Maggiormente di fede musulmana, come da legge possiedono una propria lingua, una propria costituzione e una bandiera.
Repubblica di Adighezia
Quel preciso angolo di mondo, presenta pianure coperte da foreste che vanno ad intrecciarsi coi fiumi ai piedi delle vette caucasiche. La Repubblica di Adighezia non ha grandi laghi naturali, ma ve ne sono alcuni artificiali; di contro possiede importanti riserve di petrolio e gas, ma anche oro, argento, ferro e altri minerali. Fiore all’occhiello della regione è la “Riserva Naturale della Biosfera del Caucaso”, che venne istituita nel lontano 1924 per salvaguardare gli esemplari da 85 metri di Abete di Nordmann, forse i più alti alberi d’Europa. Dichiarata Patrimonio Mondiale dall’Unesco, è a breve distanza dalla città di Sochi, che beneficia proprio dell’acqua fluviale della riserva, e soprattutto dell’aria prodotta da questo grande polmone verde. Le punte forti della riserva sono il sempre innevato Elbrus, tra i monti più alti d’Europa con i suoi 5.642 metri, e il lago Kezenoyam, le cui acque sono abitate da una rara specie di trota chiamata Salmo Ezenami.
I guerrieri invasi
Da sempre coinquilini del Caucaso, le loro tribù non si unificarono mai sotto una stessa bandiera, il che favorì gli invasori. La loro fama di ottimi guerrieri, però, li impegnò sempre nelle guarnigioni militari di molti imperi, tra cui quello Romano e quello Bizantino. Dopo una serie di guerre e campagne militari, gli Adighè crollarono sotto l’egemonia russa verso la fine del XVIII secolo. A seguito della guerra di Crimea, la Russia nel 1859 sconfisse il leader dell’Imamato del Caucaso, cominciando un processo che durò fino al 1867 ed è conosciuto come il “genocidio circasso”. La quasi totalità della cultura adighè fu spazzata via da quella data, che causò una grande diaspora i cui effetti si possono ben notare anche oggi nella disposizione sparpagliata delle comunità adighè. L’autonomia amministrativa la raggiunsero nel 1922 con la costituzione di una regione autonoma di loro cultura, ma per lo status di Repubblica aspettarono la caduta dell’URSS nel 1992.
Il genocidio circasso
Con “genocidio circasso” ci si riferisce alla pulizia etnica che l’Impero Russo fece ai danni degli Adighè della Circassia. Espulsioni, migrazioni forzate e uccisioni erano i metodi più usati dagli uomini di Nikolai Yevdokimov, generale al comando dell’operazione. Quello che è stato definito dallo storico finlandese Antero Leitzinger come il più grande genocidio del XIX secolo non ha in realtà delle cifre precise. Le documentazioni russe minimizzano, scrivendo di 400.000 caduti tra le fila dei Circassi. Gli studiosi del caso e gli storici hanno prove che si tocchino invece i 4 Milioni: stiamo parlando di circa il 94% del popolo circasso di allora. A partire dal 1864 molti villaggi degli Adighè della Circassia iniziarono a svuotarsi; altri vennero direttamente rasi al suolo o bruciati. La pulizia etnica messa in atto dai russi si bloccò solo nel 1867, quando il governo si accorse del conseguente declino dell’economia locale.
La totale conquista russa del Caucaso fece sì che il massacro dei Circassi venne per anni gettato nel dimenticatoio, in particolare durante l’epoca sovietica dove era bandita ogni forma di nazionalismo. Nel 1991, con la caduta dell’Unione Sovietica, iniziarono a nascere le prime forme di attivismo adighè. Tre anni dopo venne fondata l’Associazione Internazionale Circassa, che si adopera per la conservazione della loro cultura, chiedendo anche il riconoscimento a livello statale del genocidio. Ogni tentativo, però, non ottenne risposta adeguata, né dal governo di Mosca nel 2005, né dal Parlamento Europeo l’anno dopo.
Solo nel 2011 ci fu uno spiraglio di luce: la Georgia diventa il primo paese a riconoscere ufficialmente il massacro. Il 2014 è l’anno del 150° anniversario del genocidio, e in occasione delle Olimpiadi Invernali organizzate proprio a Sochi (un tempo capitale circassa) gli Adighè cercarono di attirare l’attenzione internazionale attraverso manifestazioni di protesta per far riconoscere al governo russo i propri crimini. Ciò non fece altro che inasprire i rapporti tra le due parti. Recentemente il massacro dei circassi è stato ricordato anche dalla Turchia, ma solo in seguito alle posizioni di Putin sulla questione armena, spina nel fianco del governo anatolico.
Le ‘Bellezze’ e l’Habze
L’antica fama di notevoli guerrieri deriva da un rigoroso addestramento che partiva già dalla tenera età. In battaglia, però, gli uomini erano affiancati anche dalle loro mogli che avevano uno status sociale di tutto rispetto, tanto da poter definire l’antica società Adighè come matriarcale. Le donne Adighè, come accennato previamente, divennero famose in Occidente per la loro bellezza, che rappresentava un vero e proprio ideale estetico. Il noto Cosimo de’ Medici, fautore della fortuna della famiglia fiorentina, ebbe un figlio illegittimo da una schiava circassa di nome Maddalena. Nei secoli successivi, le “bellezze circasse” vennero esaltate sia in poesia che nell’arte.
Al giorno d’oggi, gli Adighè coltivano la loro cultura ovunque essa si trovi. In Israele si trova l’unica scuola al mondo in cui si parla e si insegna il circasso. Gli Adighè a frequentarla sono cittadini israeliani e portano avanti le fiere tradizioni rimanendo leali al paese che li ospita. Alcuni fanno parte dell’esercito israeliano, sempre mossi dall’ardore tipico delle origini circasse, e nel frattempo studiano la lingua adighè, l’arabo, l’ebraico e l’inglese. Maneggiano il loro bagaglio culturale recuperando quello del loro passato, fatto di storie, colori e costumi. Riprendono i principi dell’Habze, l’antico codice di comportamento in cui è previsto l’estremo rispetto per gli anziani («mai interromprli!»), per le donne e per gli stranieri. Da notare come l’inclusione del popolo Adighè in seguito alla loro diaspora qui avviene in un luogo protagonista di un’altra secolare diaspora.
L’importanza della danza
Ogni festa non è mai finita se prima non si alza la musica e si balla. Gli invitati da un matrimonio Adighè finiscono sempre al centro della pista per sfoggiare, a turno, le proprie capacità di danza. Se ne volete un assaggio, cliccate qui: ‘Matrimonio Adighè’. La danza è una parte importante della cultura adighè. I balli nazionali evocano immagini di combattimento e corteggiamento, e svolgono un ruolo determinante negli sforzi di preservare l’arte circassa in ogni luogo dove persiste una comunità di Adighè. I bambini ricevono sin da piccoli lezioni di danza a scuola anche in prospettiva futura, in quanto le abilità nel ballo fanno scalare posizioni sociali per eventuali relazioni.
Si hanno dei tratti comuni con il balletto: gli uomini indossano stivali di pelle e ballano sulla punta dei piedi, mentre le donne scivolano leggermente sul pavimento senza muovere la parte superiore del corpo. Se si va a rappresentare una battaglia gli uomini saranno vestiti in maniera militare, spesso accompagnati da un pugnale o una spada. Tra i balli più famosi spicca il Kabardinka, ma quello più interessante è certamente il Lezginka.
Con una melodia chiara e dinamica ed un ritmo veloce, il Lezginka può essere ballato da un solista maschile o da una coppia maschio-femmina. Nel secondo caso, i due non si toccano e la donna balla tranquillamente mentre guarda lo spettacolo offerto dall’uomo. Uno degli scenari più frequentemente proposti in questa danza vede la rappresentazione di un incontro tra un uomo e una donna: lei intenta a prendere l’acqua al fiume con una grande brocca e lui vestito con la tipica uniforme del guerriero del Caucaso con sciabola o pugnale al fianco. La donna offre da bere al compagno, mentre sulla scena appaiono improvvisamente dei nemici armati, dai costumi colorati all’opposto (loro neri se il protagonista è bianco, o viceversa). A questo punto il protagonista chiama l’aiuto dei suoi alleati, tramite un gesto plateale che dovrebbe richiamare quello di un’aquila che spicca il volo. Con l’arrivo dei compagni, si inizia a battagliare in una precisa coreografia per il gradimento degli spettatori.
Monti, fiumi e formaggi
Il territorio irregolare, caratterizzato da tanti fiumi, vallate e monti ma poche pianure, penalizza l’economia degli Adighè, che però viene ben ripagata dalla natura e dal clima che favoriscono l’allevamento e l’agricoltura, soprattutto di riso. Sin dai tempo dei sovietici l’Adighezia è famosa per i suoi prodotti caseari. Molto successo riscuotono le treccine di formaggio: spaghetti di formaggio intrecciati che vengono prodotti al primo sale o leggermente affumicati, con sapore molto simile alla nostrana provola. Anche il turismo ha gran potenziale. Oltre alla vicina Sochi e ai paesaggi caucasici delle vette, i ripidi fiumi fungono da mete privilegiate per gli amanti del rafting. Ogni anno le competizioni professionistiche di rafting portano visitatori da tutto il mondo.
Di cose da fare e da dire, gli Adighè ne hanno tantissime. Scorgiamo la bellezza nel loro continuare ad intrecciare presente e passato per costruire un futuro migliore. Per loro e per tutti gli Adighè sparsi nelle varie nazioni del mondo. Per ogni comunità che continua a ballare.
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Immagine in evidenza: Quattro Adighè in posa mentre indossano degli abiti tradizionali// credits: israeltourism per Flickr