La musica della malinconia
«Nostalgia, nostalgia canaglia», cantano Al Bano e Romina nella nota canzone. Sì, decisamente una brutta bestia per tutti… ma quanta arte si genera da questo dolceamaro sentimento? Ho parlato della sevdalinka bosniaca poche settimane fa, e questa settimana la malinconia torna a farsi musica in Portogallo, con il nome di Fado. Il termine deriva dal latino “fatum”, destino, e racchiude il genere di canzoni popolari portoghesi che dal 2011 è riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’umanità. È l’accezione prettamente lusitana dei temi di lontananza, separazione e dolore, che si discosta però dalle altre correnti di “musica malinconica” per il suo nocciolo fondante: la saudade.
Saudade: i ricordi e i desideri
Per descrivere cosa significhi “Saudade”, affidiamoci a chi con le parole è stato sempre un fenomeno. Fernando Pessoa, uno dei poeti più segnanti del XX° secolo e grande amante del Fado, scrive:
«Non c’è nostalgia più dolorosa di quella delle cose che non sono mai state!».
Questa è la saudade. Provando a dare delle delimitazioni etimologiche, la definiamo come una forma di malinconia e di solitudine. Specificatamente usata per descrivere un ricordo affettivo nostalgico accompagnato dal desiderio di riviverlo il prima possibile. Non sono pochi, però, i casi in cui acquista anche accezione quasi mistica, di accettazione del passato e fede nel futuro. Comunque, rimane un termine intraducibile in altre lingue, anche se molti popoli ne possiedono uno stesso che esprima questa “sensazione”. Gli americani ci si avvicinano con la cultura del blues, perché “blue” in inglese è il sentimento di malinconia (state anche voi rivalutando il testo di I’m Blue degli Eiffel 65?); la lingua napoletana ha il termine “pucundrìa”, che racchiude in parte quel senso di dolore dell’anima che la saudade evoca. Il maestro Pino Daniele ne fece una canzone: Appocundrìa.
Dai porti al Portogallo
Dare una data di inizio al Fado è impossibile. Può essere fatto risalire agli anni ‘20 dell’800, ma si pensa abbia origini più antiche come molte altre musiche popolari, e pare abbia trovato iniziale campo di espansione nei quartieri dei bassifondi cittadini. Siamo a Lisbona, sede di un importante porto, e quindi scambio continuo di etnie e culture; non è quindi un caso che molti studiosi rinvengono le basi fadiste nei pittoreschi canti africani che riecheggiavano di continuo tra le onde dell’oceano. Di certo, però, sappiamo che i primi cantanti di Fado erano di estrazione operaia: marinai, per l’appunto, ma anche manovali e cortigiane. Se i primi Fado erano ballati, la voce dei cantanti (chiamati fadistas) prese sempre più il sopravvento, fino a racchiudere la passione delle classi povere alla sola tecnica degli strumenti e del solista. L’accompagnamento è ridotto al minimo indispensabile: una guitarra portuguesa (chitarra con cassa di risonanza a forma di pera, e paletta a forma di ventaglio), una viola e un baixo (il basso portoghese). L’inizio del Novecento vide il boom del genere, che si innalzò grazie all’onda anarchico-socialista per poi incanalarsi in epoca salazarista. La dittatura di Salazar tentò infatti di inquadrare e controllare la voce fadista, e farne strumento di propaganda. L’operazione riuscì in parte: il Fado passò il filtro salazarista e ne uscì ‘nazional-popolare’, ovvero apprezzatissimo da tutte le fasce d’età, ma perse quasi totalmente la componente anarchica e sovversiva. Ma la grande forza dell’arte, contraria ad ogni tipo di dittatura, rimaneva persistente, e lo rimase nonostante i tentativi di soppressione governativa, anche grazie al grande lavoro di musica e di politica di molti grandi fadisti di sinistra.
I diversi Fado
Con l’avanzare del progetto fadista, iniziano anche i primi studi e le prime caratterizzazioni. Nel Fado si hanno sottogeneri specifici, e dipendono dal luogo dove sono nati. Il Fado di Coimbra è quello più “accademico”, non solo perché coltivato dagli studenti dell’Università di Coimbra, ma anche perché integra il folclore rurale alla poesia. È cantato molto in strada, e vuole che i solisti e i musicisti indossino una mantellina di colore scuro, tipico indumento degli universitari della città. Il Fado di Lisbona è più urbano ed è eseguito nelle osterie e nelle casas do fado, che sono locali di musica dal vivo dove è possibile anche la consumazione di pasti. Di norma è più drammatico, e tratta temi quali l’emigrazione (preminente in una società di colonie ed ex possedimenti d’oltreoceano) e la vita nei quartieri poveri. Un curioso aneddoto racconta che per applaudire il fado lisboeta si battono le mani, mentre per quello di Coimbra si tossisce come a schiarirsi la gola. Oltre a queste due più note correnti, c’è il Fado di Oporto che è più movimentato. Ad ogni tipo di fado, invece, il cantante tiene la nota più lunga rispetto agli strumenti che si interrompono prima. Questa usanza deriva dagli antichi trobadores medievali, e serve ad enfatizzare l’effetto drammatico della canzone.
L’Olimpo artistico del Fado
Se vogliamo dare risalto ad un brano, il più celebre e conosciuto al mondo è Casa da Mariquinhas di Alfredo Duarte, detto ‘o marceneiro’ (il falegname) per via del mestiere che esercitava. Ma l’epoca d’oro del Fado è composta da tanti nomi: Maria Severa, Berta Cardoso, Fernando Farinha, per dirne alcuni. Insomma, il pentolone è troppo grande per scegliere la canzone più rappresentativa. Degli ultimi anni fanno parte Mariza, Camané e Gonçalo Salgueiro, a cui si affida un’eredità storica senza eguali, e con cui si continua a cantare Fado per le strade lusitane e non. Nell’Olimpo dei fadisti, però, una sola è chiamata ‘Regina’.
La “Rainha do Fado”: Amália Rodrigues
Amália Rodrigues è l’incontrastata “Rainha do Fado”; vecchia conoscenza dei palchi italiani, a cui rimase sempre molto legata (celebre la sua reinterpretazione di Vitti ‘na crozza) è stata la più influente nella divulgazione extranazionale. Attraverso una carriera cinquantennale ha fissato i parametri del genere, aprendolo a testi e ad armonie più complesse e senza mai uscire dal ceppo storico di base. Amália è la rappresentante dell’anima del suo popolo. Nata a Lisbona nel 1920, nasce da una famiglia di diciassette persone, talmente povera che nessuno ricorda la data esatta della sua nascita. Lavora già da piccola, per aiutare nel sostentamento famigliare, senza abbandonare mai la sua grande passione per il canto, che da lì a poco la premiò. Il successo arrivò con una operetta, poi con il film francese Les amants du Tage, che le aprì le porte del tempio della musica parigina: l’ ”Olympia”. Fu il trionfo internazionale che la portò sui più importanti palcoscenici del mondo. Per capire chi è, e che parte ha in questa storia, usiamo le sue stesse parole redatte nella sua biografia:
«Io sono il fado liberato. Quando sono sul palco faccio quello che voglio. Quello che conta è sentire il fado. Perché il fado non si canta, accade. È un avvenimento. È questo che mi fa paura, perché non so mai cosa mi succederà. Il fado si sente, non si comprende né si spiega»
Fado português
Il brano che consiglio di ascoltare per introdursi al fado, è proprio opera della ‘Rainha’. Fado português è una carezza di un fantasma. È farsi abbracciare da quel veleno che teniamo segregato in un angolo nascosto del nostro io. Non vi fate ingannare dalla delicatezza dell’arpeggio, perché la voce di Amália arriva ad appesantire la melodia, e a renderla pressante e costante come una spinta continua nel petto. I toni ricordano le coste e il mare, e infatti il brano parla della nostalgia della terra che provano i marinai solcando le acque. Viene spontaneo dondolare come una barca in balìa delle onde, ma lentamente e con un sorriso. Sì, le onde tentano di far naufragare, ma non possono niente se la terraferma è nei ricordi, che coccola materna anche da lontano. Qui il link per ascoltare: Amália Rodrigues- Fado português . Di seguito la a traduzione di un estratto del brano:
«Nella bocca di un marinaio
Dalla fragile barca a vela
Morire la canzone ferita
Dice la fitta dei desideri
Del labbro che brucia di baci
Chi bacia l’aria e nient’altro
Chi bacia l’aria e nient’altro».
La dolce sofferenza
La calda e fredda malinconia è il sangue pulsante del Fado; una delle ultime cose al mondo che, con coraggio e perseveranza, si fa espressione del sentimento più indefinibile. Il canto fadista rende musica l’inesplicabile bisogno, sia carnale che etereo, di avere ciò che non si ha. Ed è così romantico quell’amaro sorriso di nostalgia. Come si fa a non amare la saudade portoghese? Come si fa a non gustare quell’angelico taglio nel petto che ti fa provare? Ahh, il Fado.
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Immagine in evidenza:
Una cantante e un chitarrista di Fado sullo sfondo di Lisbona// credits: fragrantica.es