Guerriere della terra

Continua il racconto delle storie di resistenza dei Mapuche, popolo indigeno originario della zona centrale del Cile, questa volta con uno sguardo tutto al femminile. Meg ci accompagna nel suo viaggio di ritorno nel Wallmapu a incontrare tante donne che ogni giorno lottano per i propri diritti e per vedere riconosciuto il loro posto nella società, cilena quanto mapuche.

di Mariya Magdalena Rosen Predyova

Volontaria di Operazione Colomba

Esco e chiudo la porta. Cammino. Cammino e mi perdo tra numerosi pensieri. Ammiro attentamente la natura che mi circonda, ascoltando le pecore delle vicine che stanno per entrare nel nostro giardino per mangiare l’erba e, così, aiutarci perché non cresca più del necessario. Continuo a camminare e per strada incrocio una famiglia che sta andando giù in città. Vado avanti, osservo la sinuosità, il movimento danzato degli alberi e la maestosità di quei vulcani, al contrario, o apparentemente, immobili. Mi concentro sulla strada e proseguo scalciando qua e là qualche sassolino che alza del pulviscolo. Un cane ha deciso di accompagnarmi facendomi strada.

Cammino. Mi guardo intorno, e cominciano ad affiorare alla mente varie domande. Cosa faccio di nuovo qui, tra queste strade sterrate? Perché sono tornata nel Wallmapu, nel territorio mapuche? Proseguo sul mio percorso, e sento un piccolo nodo allo stomaco farsi più grande. Faccio respiri profondi, e invidio il mio fedele compagno che sembra essere spensierato e godersi la nostra passeggiata. 

Arrivo alla mia prima tappa. Il suo sorriso e la forte stretta del suo abbraccio mi fanno stare già meglio. Ver è una delle vicine: lavora le mattine alle ferias, i mercati, e mentre è a casa accudisce il figlio con il piede rotto e l’anziana madre. Sta preparando le empanadas per la feria delle Donne della città del giorno seguente (la settimana dopo scoprirò che è stata premiata per questo evento come una tra le migliori). Mi offro ad aiutarla, anche se so che da sola farebbe prima. Tra le tante cose che fa in quel momento riesce anche a farmi avere un frullato di frutta fresca in mano. Raccogliamo qualche uovo dal pollaio, e tra chiacchiere e cumbia che risuona in sottofondo, la saluto e riparto per la mia camminata.

Vengo distratta dalla voce di Dam che vedo in lontananza. Ha i capelli lunghissimi, gli occhi neri e un sorriso raggiante. Sta parlando con quel terremoto di fratellino che con le sue forti risate cerca di fare qualche simpatico dispetto alle oche. Noto che Dam sta portando nella mano sinistra una scatola di attrezzi, e nella destra un cacciavite. Sta aiutando a costruire la casa, ma prima ha sicuramente sistemato gli orti e la serra, in cui la lattuga è già pronta per essere raccolta. Vado a salutarla. È felice perché stamattina ha fatto l’esame di accesso all’università, che sembra sia andato bene, e più tardi potrà andare a giocare al suo sport preferito, il calcio. Dopo uno scambio di abbracci riparto e mi chiedo come faccia ad essere così piena di energia e forza, nonostante fino a pochi giorni fa accudisse da sola i 3 fratelli più piccoli. Ha 18 anni

All’uscita del cancello c’è ancora il cagnolino di prima. Continuiamo a camminare insieme. 

Viv mi attende sul portone, accogliendomi con un saluto in mapudungun. Sono sulla soglia della porta, ma sento che sta già mettendo un piatto caldo in tavola. Il profumo di pane sfornato pochi minuti prima mi fa sentire a casa. Mi siedo per condividere con lei qualche storia gustandoci il pranzo con la verdura del suo orto raccolta nel pomeriggio. Guardo fuori dalla finestra e la distesa di fiori variopinti di cui si prende cura ogni giorno mi distrae un po’. Mi promette che prima del mio ritorno a casa mi regalerà alcuni semi, per non dimenticare dove sono stata. Dopo l’assaggio del caffè di grano domanda se posso accompagnarla dal mugnaio, perché domani vuole vendere la farina di avena, ma ancora non è riuscita a macinarla. Partiamo, ognuna con un sacco in spalla. Dopo poco comincio ad avere il fiato più corto. Camminiamo a lungo. Non avendo la macchina fa sempre quella strada a piedi. Il mugnaio ci mette sicuramente meno tempo di quello che abbiamo impiegato noi ad arrivare. A fine macinatura ripartiamo per tornare a casa. C’è della stanchezza, ma ancora non ho concluso le visite da fare. 

Mentre cammino penso alla machi San, che da quando sono tornata non riesco ad incontrare. È la figura spirituale mapuche, e il suo compito è quello di aiutare le persone quando non stanno bene. Ha 24 anni, e fino all’adolescenza ha vissuto nella capitale. Quando sono comparsi i primi sintomi di malattia, come segnale che fosse predestinata a diventare machi, ha deciso di lasciare la città, il basket e le amicizie, per tornare a vivere nella Terra da cui proviene. Anche questo è parte dei motivi per cui viene spesso discriminata, sia dalla comunità, che a livello più ampio dalla società. La ricerca di riaffermazione come Donna si unisce a quella dell’essere machi e mapuche. Di recente mi ha scritto per scusarsi dell’assenza, ma è tanto occupata. Sta andando ogni giorno a raccogliere erbe e piante medicinali native, che però si trovano su montagne lontane. So già che quando è a casa riceve continue visite di pazienti. Sembra che il suo cavallo ed animale guida sia stato male, e ha, quindi, dovuto occuparsi anche della sua cura. Nel poco tempo libero che le rimane cerca di recuperare le forze e le energie, che nell’assistere gli altri vengono indebolite. Sono sicura che quando arriverà il momento giusto la potrò riabbracciare. Il Wallmapu mi ha insegnato ad aspettare e avere pazienza.

Di colpo mi accorgo di essere già arrivata da Val. Le sue quattro figlie mi corrono in contro e una ad una mi stringono forte. Ci siamo sentite poche volte durante la mia assenza, ma è come se non fossi mai andata via. In casa mi accolgono con una torta per la fine dell’anno scolastico di Ray, e nel frattempo mettono via le collane e i braccialetti che ricoprono il tavolo. Val è un’artigiana di gioielli, e non parlo solo delle sue figlie, già mature per l’età che hanno. Ciò che costruisce e vende alle ferias è arte. La famiglia si è dovuta spostare da poco lasciando il campo e la ruka, la tipica casa mapuche,  per trasferirsi temporaneamente in un appartamento in paese. Abituarsi non è semplice, e la mancanza della Terra, del verde e degli animali si percepisce dai suoi occhi commossi. Deve lavorare tanto i prossimi giorni, in preparazione del Guillatún del fine settimana, cerimonia mapuche per chiedere benessere, rafforzare la comunità e ringraziare i benefici passati e futuri. Sarà anche presente un paio di giorni ad una feria in cui venderà le sue creazioni. Mentre mi racconta delle difficoltà ed avventure di questi mesi, prepara la cena per la famiglia e i proprietari della casa. Tra un sorriso e una lacrima mi carico di buone vibrazioni, ma arriva anche il momento di tornare verso casa.

I prossimi giorni la sveglia sarà presto. Domani si va lontano. Ci sarà Pam che ha allestito un accampamento da più di tre settimane ormai, per sostenere il figlio e il compagno detenuti in carcere; stanno facendo sciopero della fame da 78 giorni chiedendo che i loro diritti in quanto mapuche vengano rispettati. Pam dorme in tenda, sotto un ponte di fronte alla struttura penitenziaria, in modo da trasmettere newen, forza, ai propri famigliari, prigionieri del sistema. Anche Xav dovrebbe trovarsi lì. Insieme ai tre figli cerca di essere presente ogni settimana per fare visita al marito, anch’egli recluso e in lotta per il riconoscimento della propria identità come mapuche. La comunità ha assegnato a lei il ruolo di werken, messaggera e portavoce, fondamentale nei confronti dei compagni in lotta.

Il giorno seguente, invece, finalmente conoscerò Cat. Il pranzo con la sua famiglia sarà emozionante. Recentemente ho assistito alla prima del film sulla storia di suo fratello. È morto giovane, troppo, ucciso dalla polizia con un colpo d’arma da fuoco. Lei porta avanti a testa alta la sua battaglia, giorno dopo giorno, da 16 anni.

Queste sono solo alcune delle Madri, Figlie, Compagne, Guerriere, Donne mapuche che ho conosciuto qui, in questa Terra ancestrale. Continuo a sorprendermi di quanta forza abbiano. La società e la vita politica le porta ad occupare una posizione marginale, e il poco spazio conquistato viene spesso considerato una concessione perché più “vulnerabili”. Tra le protagoniste qui citate la maggior parte ha vissuto nella capitale per molti anni, decidendo ad un certo punto della propria vita di ritornare alla Terra natale.

Questo mi ha portata a mettere in discussione me stessa, figlia di immigrati, che non ha mai pensato di tornare alle proprie origini. Loro, invece, hanno avuto il coraggio di cambiare radicalmente la propria vita, lasciando i vari confort alle spalle. Le guardo e leggo nei racconti che mi narrano le difficoltà che hanno avuto nel trovare un posto nella società, cilena quanto mapuche. Si sa, le si strumentalizza come incarnazione delle tradizioni, ma si ha anche l’idea che non debbano partecipare ad atti violenti e proteste. Se lo fanno si pensa sia sotto l’influenza maschile. Le Donne di cui parlo sono potenti, e lottano quotidianamente. Vorrei anche solo un briciolo di questa forza.

Può darsi che siano state loro a richiamarmi!? Forse sono nuovamente qui per capire meglio me stessa attraverso queste Donne che mi stanno insegnando ogni giorno che, nonostante il dolore che spesso porta, la lotta per i propri diritti può avere varie forme e sfumature, ma non è, e mai sarà, una lotta sbagliata. 

Dò un ultimo sguardo alla Küyen, la luna, che piano piano torna in ombra diventando Nuova, frapponendosi tra Terra e Sole. Con questa immagine provo a chiudere gli occhi. Domani una nuova passeggiata mi attende.

***

Hay gente que ríe, hay gente que llora
Hay gente que vive buscando la gloria
Hay gente que muere pidiendo lo justo
Y hay gente que vive a costa de lo injusto.
Prefiero morirme por los que han callado
A manos siniestras que paga el estad
Al buitre asesino que mata mi Tierra
Y al hombre que gana haciendo la guerra
Y buscar libertad, ah
De mi pueblo que ahora reza
Que se muere en la pobreza
Y cantar, enseñar
Que hemos roto las cadenas
Y hemos vuelto a nuestras Tierras.   

Daniela Millaleo – Trafun

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.