Quella che segue è l’ultima parte dei “racconti della stazione”, cioè quegli episodi accaduti mentre si svolgevano i turni dei volontari dell’associazione ASB alla stazione di Amburgo, in cui l’autrice prendeva parte come traduttrice (dal russo al tedesco e viceversa). Il flusso migratorio non si è fermato ma è diminuito rispetto ai primi tempi, e così la città di Amburgo si è presa in carico la gestione, mettendo da parte l’ASB e i suoi volontari. In pratica, questo si è tradotto in uno stop “forzato” degli aiuti dell’ASB in stazione a partire dal 29 maggio 2022.
Qui sotto, una cartina dell’Europa centro-orientale per orientarsi con alcuni dei posti indicati nei vari racconti, e per tenere a mente la distanza percorsa in treno dalle persone in fuga dalla propria città.
Verso le 22 arrivano una mamma con una figlia sui dieci anni. Mi dicono che sono già registrate da qualche parte non lontano da Amburgo, ma che hanno un appuntamento al consolato alle 9 di lunedì mattina e per questo hanno deciso di venire prima ad Amburgo. Hanno bisogno di un posto dove stare per la notte. Vengono da Zaporizhya, si fermano a bere un tè mentre io chiamo a Holstenstraße1 per sapere se c’è abbastanza posto per ospitare loro due, dato che si propone per le donne con figli piccoli e che sembra essere (dicono) un po’ meglio di Casino DB. È fine turno, quindi decido di accompagnarle e poi di andare direttamente a casa. Chiacchieriamo, sono molto aperte. Mostro alla bambina la foto del mio cavallo mentre parliamo del più e del meno. Lei entusiasta mi dice che sarebbe bello andare insieme a vedere il cavallo, la mamma ride e mi dice “è tutto così facile per i bambini…”.
Da qualche giorno ho scoperto la chat dei volontari russofoni della stazione su Telegram. Qui si possono scoprire come vanno a finire alcune delle storie che sono cominciate al turno in cui si faceva parte, ma che poi non hanno potuto essere concluse. Ad esempio qui ho scoperto che la famiglia che aveva problemi per via del visto polacco è stata accompagnata da René in persona al centro di accoglienza di Rahlstedt e lì è stata chiarita la situazione, permettendo finalmente loro di registrarsi e vivere lì. L’uomo che avevo accompagnato all’Europaischer Hof con la bimba di due anni e la moglie in ospedale è tornato al Reisezentrum chiedendo aiuto nuovamente (e infatti l’ho poi incontrato mentre aspettava di andare a Rahlstedt, nel mio turno successivo. La moglie non aveva ancora partorito). Inoltre, il flusso di gente in arrivo continua a diminuire, e questo dà modo ai volontari di interagire molto di più rispetto all’inizio. Questo, oltre al fatto che, a distanza di quasi tre mesi dall’inizio del lavoro, ormai in pochi siamo rimasti e quindi ci si incontra sempre agli stessi turni con le stesse persone.
Ieri è arrivato l’annuncio che dal 29.05 (settimana prossima) il nostro lavoro in stazione con l’ASB giungerà al termine perché la città di Amburgo si prenderà questa responsabilità. Come, con quali mezzi, non lo sappiamo. Sento solo una grande tristezza nel cuore per questa esperienza che sta per finire.
Ieri sera una madre con figlia quindicenne e figlio tra uno e due anni è arrivata con tantissime valigie e bagagli da Mariupol’. Stavano aspettando “qualcuno” che doveva venire a prenderli in stazione alle 22. Chi? Un uomo. Lo conoscete? No. Noi siamo tutti preoccupati, la donna non sa fornire più informazioni. Felix, il team leader della serata, vuole fare un paio di chiamate e investigare meglio cosa sta succedendo. Per fortuna, nel momento di calma, riesco a guardare la chat dei volontari e leggo di una donna che chiede a chi si trova in stazione in quel momento, se per caso è arrivata una famiglia la cui descrizione combacia con quella della famiglia che si trova da noi. Faccio una breve chiamata con lei, che mi spiega che una dei capi di ASB dovrebbe arrivare a prendere la famiglia verso le 22 e portarli a casa di chi si è offerto di ospitarli. Quindi abbiamo la risposta: è una donna conosciuta e fa parte della nostra organizzazione, quella che le verrà a prendere. Siamo tutti molto sollevati.
Una donna che avrà la mia età o qualche anno in più, con una bimba sui 5 o 6 anni e degli occhi verdi molto belli, si avvicina e mi chiede un té caldo. Il temporale le ha colte di sorpresa, vestiti estivi e leggeri addosso. Mentre aspettiamo che l’acqua del té si scaldi, mi dice che era in giro a cercare casa. È molto difficile qui ad Amburgo, mi confessa che le sarebbe stato molto utile saperlo prima di registrarsi qui. È arrivata a inizio marzo, da Dnipro. Suo marito è ancora là. Mi dice che vorrebbe lavorare, faceva la commessa, mi pare di capire, e ora è già stata al Job Center e aspetta. Fa corsi di lingua e aspetta. Sicuramente non pensava di rimanere qui così a lungo. Il tè è pronto, mi salutano con un sorriso dolce e se ne vanno.
Sono al turno di mattina, due uomini tra i sessanta e i settant’anni che hanno dormito al Casino DB e che stanno aspettando l’apertura del Reisezentrum iniziano ad attaccare bottone con me. Mentre li accompagno, tirano fuori i passaporti, mostrandomi le loro foto e facendo a gara di chi è il più bello. Uno dei due ha un sorriso dorato, la parte destra della bocca contiene denti d’oro. Vengono da Mariupol, hanno fatto la solita traversata tra Russia, Lettonia, traghetto fino a Lubecca e poi Amburgo. Mi chiedono come mi chiamo e quando dico “Sara” inizia la solita trafila di commenti sul fatto che sia un nome ebraico, quindi spiego che in Italia è un nome molto diffuso, indipendentemente dal credo religioso. Allora perché so il russo? E spiego la solita storia. Divento comunque in quattro e quattr’otto “Sarochka”, come da tradizione. Poi si presentano: I. e O. dai denti d’oro. Ovviamente non esistono treni per Dublino, quindi torno con loro al centro e inizio a coinvolgere altri volontari nella ricerca: serve o non serve il visto per l’Irlanda? Meglio il treno per Brussel oppure verso Parigi? Troviamo la soluzione ottimale, anche se comporterà parecchi giorni di viaggio. Nel frattempo, i due vorrebbero ottenere una sim card, quindi indico loro la direzione del negozio. Purtroppo mi dimentico che il mio turno finisce alle 10 e che quindi non potrò rivederli e salutarli. Lascio tutto detto alla volontaria successiva, Olga: so che saranno in buone mani.
Una ragazza giovane con in mano un bagaglio voluminoso mi chiede come fare: ha comprato un biglietto per Berlino, per arrivare presto perché ha un colloquio di lavoro, ma quando è andata dal controllore per salire, lui non parlava inglese e l’ha mandata via dicendo che non era il treno giusto. La ragazza è molto confusa, e io pure, le chiedo se fosse già sul treno e lei mi dice no, era sul binario. D’improvviso capisco: in Ucraina, come in Russia, i controllori sono fuori da ogni vagone per controllare che chi salga abbia il biglietto corretto, e la ragazza pensava di fare la stessa cosa. Chiaramente il controllore non parlava inglese e quindi l’ha allontanata, e lei non è salita perché pensava di aver sbagliato qualcosa. Ormai il treno era andato, ma magari si può prendere il successivo…? Andiamo al Reisezentrum. Io sono molto pessimista, ma chiedo alla signora all’entrata, spiegando il problema. Lei purtroppo non può aiutarci, ci manda alla cassa. Mentre aspettiamo, cerchiamo di capire come fare: il prossimo treno arriverà in 20 minuti, bisogna sbrigarsi. La ragazza è persino pronta a comprare un nuovo biglietto, ma io le dico di aspettare almeno di essere in cassa. Il tempo passa… Per una coincidenza astrale meravigliosa, però, quando arriva il nostro turno, la signora che ci ha accolto all’ingresso del Reisezentrum è passata alle casse e ci fa andare da lei per capire come fare col biglietto. Quindi chiede il biglietto e, senza dire nulla più, ci stampa e firma un biglietto alternativo per prendere il treno successivo. Siamo estasiate, la ragazza mi abbraccia dalla felicità. Uscendo, ci presentiamo: si chiama M., e con lei ha un gatto (ecco cosa conteneva il bagaglio voluminoso). Non poteva lasciarlo da nessuna parte, quindi ha dovuto portarlo con sé, e se dovesse andare in porto col lavoro, dovrà farsi un po’ di viaggi col gatto. Lei mi chiede il numero, così da rimanere in contatto, e glielo dò. Durante il turno, mi arriva un messaggio da un numero con prefisso ucraino in cui M. mi ringrazia ancora per l’aiuto datole poche ore prima.
Un uomo si avvicina silenzioso e fa cenno a me e ad Andrey (l’altro volontario) verso un foglietto scritto in tedesco con il logo dell’ASB e lo skyline di Amburgo. Non capisco, chiedo cosa vuole, e lui mi fa cenno di abbassare la mascherina. Solo allora capisco: è sordomuto, ha bisogno di leggere il labiale per comunicare. A cenni, gesti e versi, capisco che vuole vedere il Rathaus2, quindi gli mostro su Google Maps il percorso. Dalla stazione è molto facile, ma mi dispiace che non abbia una cartina. Faccio una corsa alla HVV3 e chiedo loro, che gentilmente me ne danno un pacco intero. Quando mi volto per tornare, vedo che l’uomo si sta già allontanando, quindi faccio uno scatto e lo raggiungo per dargli la cartina. Quando capisce cosa gli sto offrendo, gli si illumina il viso.
Al turno di notte c’è molto movimento: è arrivato l’ennesimo traghetto pieno di gente da Mariupol’ e dintorni, gente evacuata passando per i corridori umanitari che passano per la Russia ma che poi possono proseguire verso l’Europa. Passano per la Lituania, prendono un traghetto che in un giorno e mezzo li fa arrivare a Lubecca, e poi prendono il treno fino ad Amburgo. I traghetti sbarcano alle 17 a Lubecca, quindi la maggior parte della gente arriva tra le 20:30 e le 23, a seconda di quanto veloci sono a trovare la strada giusta. Ieri, all’arrivo mio e di Andrey, avevamo una ventina di persone che aspettavano di capire la loro sorte, dato che di autobus per Rahlstedt non ce ne sono più dopo le 15 e Casino DB era già abbastanza pieno. Nici riesce non si sa come a chiamare la HVV e a farsi dare un bus per Rahlstedt. Queste persone non vorrebbero necessariamente fermarsi ad Amburgo, ma non abbiamo altri posti letto e quindi la tentiamo in questo modo. In ogni caso la registrazione può avvenire solo di mattina, quindi speriamo che possano fermarsi a dormire e poi ripartire.
Stamattina al turno delle 6 c’era una signora che era già qui ieri sera e che non aveva dove stare. La sua meta era una piccola città olandese, a quanto pare qualche associazione era disposta a darle un posto dove vivere, ma sarebbe stato possibile solo a partire da sabato sera4. Nel frattempo, lei sperava in una doccia. Ci siamo dati da fare per trovare una soluzione e poi mi è venuta l’idea di chiedere alla volontaria di Hannover con cui ci siamo scambiate il numero, una volta che ero là di passaggio, se sarebbe stato possibile per quella donna pernottare da loro prima di riprendere il viaggio. La risposta positiva è arrivata dopo un paio d’ore, quando la donna aveva deciso che mentre aspettava valeva la pena fare due passi per la città. Ad Hannover la aspetteranno i volontari che le potranno dare un biglietto per l’Olanda e un posto dove stare e potersi fare la doccia. Sono molto felice della cosa.
Una famiglia arriva e mi chiede se posso dare loro un biglietto per Colonia. Sono arrivati ieri sera col traghetto anche loro, così accompagno il padre – un omone sui 2 metri per una massa non indifferente – alla cassa. C’è parecchia fila e quindi ci si mette a fare due chiacchiere: come si vive in Germania, se c’è la possibilità di lavorare (lui lavorava al porto), se il tedesco è difficile da imparare. Dal canto mio, provo a rispondere, anche se temo di essere un po’ troppo negativa riguardo all’imparare la lingua. Comunque, il discorso si sposta sulla guerra: loro sono riusciti a uscire da Mariupol già il 22 marzo, trasferendosi a casa di parenti nei pressi della città. Per poter uscire dall’Ucraina attraverso i corridoi umanitari istituiti dalla Russia, però, hanno dovuto aspettare il permesso. Due mesi di ispezioni accurate al cellulare, impronte digitali e quant’altro (la cosiddetta “Filtrazija”), dopodiché hanno ricevuto il lasciapassare. Per uscire da Rostov sul Don, hanno dovuto passare tre checkpoint. Infine sono potuti andare attraverso la Russia verso l’Estonia, poi la Lituania, prendere il traghetto fino a Lubecca, e arrivare da noi ad Amburgo col treno. Perchè vanno a Colonia? Lui avrebbe voluto andare a Monaco, ma gli hanno detto che i prezzi degli appartamenti sono proibitivi. Non posso che dargli ragione. I suoi genitori sono rimasti a Mariupol, sono vecchi e non se la sentivano di lasciare tutto. Per cosa? Quindi non sono venuti. Recuperiamo il biglietto e mi accorgo che ancora non so come si chiama: V., molto piacere. Poi finisce il mio turno, ormai passato comunque da mezz’ora, e lascio V. e la sua famiglia a prendere un tè mentre aspettano il treno.
L’ultima sera è stata estremamente tranquilla ma piena di emozioni. Eravamo “i soliti”, con qualche faccia extra dal turno precedente e qualche altro che si è aggiunto per dare un saluto alla nostra stazione, così come la conoscevamo. Tutti vorrebbero continuare. Il giorno dopo, è stato veramente difficile seguire gli sviluppi della situazione tramite messaggi. Molti dei nostri si sono dati “turni” di osservazione in stazione, per vedere come la cosa veniva gestita: chi passava dopo il lavoro dalla stazione mandando messaggi e foto per mostrare persone davanti al posto dove solitamente stavamo, chi si fermava ad aiutare agli sportelli per ottenere i biglietti, chi si proponeva di passare a riportare anche la mattina seguente e i giorni successivi. In stazione era il caos più totale. Soprattutto tra lunedì e martedì, la gente ci cercava sorpresa che non fossimo lì in zona. Poi, a partire da mercoledì, la notizia che ce n’eravamo andati si è iniziata a diffondere. Con l’ASB ora stiamo cercando di fare pressioni sui politici attraverso la stampa. Vogliamo urlare le nostre motivazioni, fare luce su quello che non si sta facendo e mostrare a tutti che i motivi per non farlo sono deboli e meschini. Chissà se porterà a qualcosa…
1 Una fermata della metro di Amburgo dove si trova un’associazione religiosa che aiuta le famiglie in difficoltà.
2 Il municipio di Amburgo.
3 Agenzia dei trasporti pubblici di Amburgo.
4 Racconto accaduto il venerdì mattina.