Viviamo tempi digitali in cui il confine tra uomo e macchina si fa sempre più labile e vaporoso. È così che fioriscono progetti artistici in cui la combo cellule/dati si trasforma nella base creativa da cui partire per raccontare la contemporaneità binaria che abitiamo.
Cobol Pongide (e l’alter ego Emiglino Cicala) rappresenta(no) sicuramente una delle forme più riuscite di questo connubio cibernetico all’interno del nostro panorama musicale indipendente.
La sfera più futuristica della macchina si mescola all’anima irrazionale dell’umanoide fino a sfornare delle chicche di elettronica d’avanguardia ricamate da testi di cantautorato nostalgico.
Cobol Pongide (ed Emiglino Cicala) sarà(nno) protagonisti del nostro Festival delle Cose Belle – Ferragosto Resistente 2021 con un live intergalattico nella serata del 13 agosto.
Li abbiamo incontrati per entrare ancora più nella profondità della complessa bellezza che si nasconde dietro alla superficie tecnologica delle loro opere.
Ecco a voi un’esperienza sensoriale consigliata per gustare sin d’ora i momenti di magia meticcia che vivremo tra i faggi di Passolanciano (CH).
Cobol Pongide è un connubio uomo-macchina inseparabile o, meglio ancora, inscindibile. Pertanto chiedo all’umanoide Cobol di presentarci il suo collega robot Emiglino Cicala e viceversa. In particolare, come vi siete conosciuti e cosa ha scaturito la nascita del vostro progetto?
Ci conoscemmo nel mercato romano di Porta Portese. Emiglino allora dimorava con una famiglia Rom, che lo aveva messo in vendita, tra altri reperti antichi. Lo riscattai per un euro.
Essendo corredato di un ricetrasmettitore intuii la sua vocazione per il canto. Possedendo delle tenaglie compresi la sua propensione per la scrittura dei testi, che in una prima fase erano polemici verso il lavoro schiavista imposto dagli umani ai robot.
Io all’epoca stavo inaugurando un progetto musicale suonato esclusivamente con giocattoli e chiesi quindi a Emiglino di collaborare. Mettemmo così su una band umano-robotica di cui lui era paroliere e cantante, e io strumentista, ma non prima di avergli praticato un foro in testa (previa sua autorizzazione) per collegarlo al mixerino live.
Nascono così nel 2007 i Cobol Pongide.
La vostra musica è futuristica, tuttavia, al contempo, contiene molti elementi del passato quali richiami a vecchi giocattoli e videogames retrò. Se la vostra band si fosse formata nel 2050 quali giochi di oggi avrebbe scelto come tema della propria musica?
Un oggetto che certamente non mancherebbe al nostro arsenale sarebbe il Nokia 3310. Pare che nel 2050 abbiano inventato dei tracker efficientissimi per farlo suonare come un indemoniato.
Non siamo mai stati appassionati di videogiochi, quindi non saprei dire. Sicuramente avremmo hackerato qualche preistorico “assistente personale intelligente – AI” di quelli che spopolano nelle case degli appassionati di gadget elettronici. Utilizzando le pratiche di circuit bending ancora in uso nel 2050 li avremmo dirottati facendogli intonare inni cosmici ed esoplanetari.
Un po’ come si fa oggi col Grillo parlante.
Nel video Cobol Pongide in Costruisci la tua Biodrum viene detto “Si può possedere solo la forma di un artefatto, mai la sua anima, perché se l’uomo è un grande prodigio dell’invisibile, la tecnologia è un piccolo prodigio dell’uomo invisibile”. Ci spiegate meglio cosa significa per voi questa frase e chi rappresenta l’uomo invisibile?
L’uomo (declinato nel più generico essere umano) invisibile è l’umanità da costruire, quella che, non essendoci ancora, ci appare fantasmatica sebbene prefigurabile. Proprio come quando di notte al buio sappiamo di essere soli, ma al contempo sentiamo di essere osservati da continuum temporali a noi coevi. L’essere umano invisibile ci osserva, valuta le nostre scelte e le nostre tattiche, perché bene sa di essere il frutto futuro di quelle azioni.
Dopodiché, per noi L’uomo invisibile sarà sempre l’episodio dell’uomo invisibile nel film Donne amazzoni sulla Luna (1987).
Dal 2016 Cobol ha cominciato a sostituire sempre più Emiglino nel ruolo di cantante. Ci potete spiegare il perché: è Emiglino che si fa più introverso o è Cobol a essere più espansivo?
Emiglino è un robot polemico, e non ha la necessità di estrinsecare questa sua attività positronica necessariamente come frontbot (il corrispettivo robotico del frontman).
A dirla proprio tutta, la forma canzone gli è sempre stata un po’ stretta, così dal 2016 ha iniziato a dedicarsi prevalentemente a una serie di scritti polemici pubblicati sul nostro blog, in cui di volta in volta bersagliava pensatori, intellettuali e polemisti umani sulla base delle loro esternazioni pubbliche.
Al momento è un po’ in pausa anche con quelle lancinanti dichiarazioni.
Ci guardiamo spesso negli occhi. Io cerco di intuire i suoi pensieri, ma il vitreo rossore delle sue lampadine non lascia trapelare alcun fremito. Sorride. Sempre.
Non so su cosa stia lavorando al momento. Forse su equazioni differenziali.
Il vostro ultimo disco Cosmutopia balneare è un trip elettronico che parla della vita di una comunità umana insediata su una luna di Saturno. Essendo questo album interamente strumentale ci è difficile immaginare i dettagli di questo insediamento. Ci potete dire qualcosa in più? Ad esempio… come cavolo è fatta la marmotta del cosmodromo di Bajkonur?
Al momento Cosmutopia balneare (2020) è il nostro penultimo album. È infatti appena uscito il lavoro Estremofilia cosmica e operaia (2021) che affronta il tema del lavoro operaio nello spazio extraatmosferico dominato dal capitalismo.
Cosmutopia balneare è un disco intermedio, quasi più una raccolta di brani che negli anni non avevano trovato posto in altri dischi. Il tema è appunto sempre lo spazio, l’idea di una comunità umana utopica (una comune, un soviet, un’eterotopia) insediata sulle spiagge di Encelado, luna ghiacciata di Saturno.
Anche per noi è stato difficile dire qualcosa di sensato su questa esperienza umana estremofila immaginaria, quindi abbiamo preferito lasciar parlare le atmosfere evocate con la musica.
L’idea ci è stata suggerita da una giornata al mare della Feniglia di Ansedonia. Sulla stradina che dalla spiaggia riconduceva alla bella pineta trovammo un cartello con su scritto: “real”. L’idea ci piacque molto. La spiaggia e il mare come utopia ultraterrena, cosmica, mentre l’accesso alla pineta come ritorno al reale, a quel quotidiano che dovremmo stravolgere per noi e per conto dell’umanità invisibile: quella a venire.
Una marmotta che abita nel cosmodromo di Bajkonur è fatta esattamente così: https://www.youtube.com/watch?v=E22V84GZ4cg&t=5s
Lo scorso 20 luglio ha avuto luogo la prima gita suborbitale con turisti. Dal momento che avete trattato la tematica del nuovo business dei viaggi interstellari nel vostro libro Marte oltre Marte, saremmo curiosi di conoscere di più la vostra opinione a tal riguardo. Cosa ne pensate di personaggi come Jeff Bezos e Elon Musk?
Il capitalismo spaziale è la nuova fase di riassetto del modo di produzione capitalistico, per sua natura espansivo. Musk e Bezos, da imprenditori, lavorano attivamente per creare le condizioni atte ad accelerare questa fase espansionistica, tanto da aver coniato il concetto di captalismo multiplanetario.
I Cobol Pongide orbitano politicamente nella area anticapitalista, cioè tra coloro che di questa forma d’organizzazione sociale riescono a vedere le contraddizioni, le sperequazioni e le violenze. In questo senso non possiamo che essere critici con i suddetti e con i loro progetti neoliberisti. Tuttavia, crediamo anche che lo spazio cosmico sia una grande opportunità per l’umanità, la possibilità finalmente di emanciparci da un solo unico pianeta, aprendoci forse, all’incontro con altre forme di vita e a esperienze inedite.
La tecnologia creata da Musk e Bezos (e altri) ha l’indubbio vantaggio di avvicinarci molto alla possibilità di “evolverci” come specie cosmica; il punto è quindi questo: colonizzeremo lo spazio per riprodurre pari pari le condizioni di sfruttamento degli esseri viventi che già sperimentiamo su questo pianeta, o coglieremo l’opportunità per creare nuove forme più sensate di convivenza?
Crediamo quindi che vada intrapresa questa ultima opzione, progettando una società cosmica priva di sfruttati e di sfruttatori: una cosmutopia.
Nel vostro ultimissimo libro Sesso con alieni si preannuncia una nuova era di “effusioni intergalattiche”. Ci potete dare qualche altro indizio? E a proposito di amori senza confini, che opinione vi siete fatti del dibattito contemporaneo sulla tutela dei diritti LGBTQI+ in Italia?
Abbiamo curato il testo Sesso con alieni assieme all’Associazione psicogeografica romana (APR). Si tratta di un insieme eterogeneo di saggi che progettano interfacciamenti estremi tra umani e biologie non-identificate. Questo proprio in previsione di quanto dicevamo nella risposta precedente: la nuova era spaziale c’impone di iniziare a pensare il modo più inclusivo, e reciprocamente appagante, d’interfacciamento con altri esseri probabilmente molto diversi da noi: sulla Terra e altrove.
Sia chiaro che per noi questa prospettiva non può prescindere, qui e ora, dalla pratica dell’antispecismo.
Allora logicamente il percorso diviene quello d’intendere l’antispecismo e qualsiasi altra lotta per l’autodeterminazione di specie (come nel caso LGBTQI e ancor più in generale contro il determinismo binario) come un’unica grande lotta contro ogni forma di sovradeterminazione e sopraffazione biopolitica.
Sesso con alieni parte proprio da questo tipo di presupposto: l’autodeterminazione di genere è una meravigliosa palestra per gli interfacciamenti estremi e le inclusioni radicali che ci attendono nei prossimi anni: al di là della biosfera terrestre.
Nel weekend di Ferragosto abbiamo pianificato una nuova tappa del nostro piccolo tour interstellare ad alta quota presso Passolanciano chiamato Festival delle Cose Belle. Voi sarete ospiti e protagonisti della serata del 13 agosto. Quando vi troverete tra i faggi con le mani sulla consolle, quali cose belle potremmo aspettarci da Cobol Pongide?
Ovunque andiamo ci piace portare un po’ di prospettiva cosmica: con suoni e parole. Entrare in una prospettiva extraatmosferica implica un profondo riassetto di egoismi e di appetiti individuali. Non sappiamo come le cose andranno, se l’umanità supererà indenne questa fase isterica e puerile, ma se non ci prepariamo emotivamente ad un’espansione dei confini geometrici, rischiamo di non accorgerci di quanto il paesaggio attorno a noi stia mutando. Tutto ciò implica nuove suggestioni, nuovi racconti e nuove cartografie. Speriamo di portare un po’ di tutto ciò.
Intervista a cura di Mellifrugo, introduzione di Guglielmo Rapino.
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