– di Susanna De Candia
Percependomi inquieta, il mare mi ha fermato qualche istante, per rassicurarmi che l’estate non finisce il 1 settembre: lo colgo tutti gli anni da conversazioni, post sui social, affermazioni di molti.
Sarà che abito in una città di mare e mi sento già per questo fortunata…
Ma ai più piace stare nei confini, nella convinzione che 31 è fine e 1 è inizio, persistere nell’illusione di controllare il fluire delle cose e degli eventi, più forzatamente che consapevolmente, quasi a orientare umori e predisposizioni mentali.
Come per le direttive che usiamo per il cambio di stagione dell’armadio: cappotto = inverno; canotta = estate; giacchino = primavera/autunno (dipende dai colori, che, questo lo riconosco, le mezze stagioni si stanno estinguendo o comunque sono molto meno nette e durevoli di un tempo).
Certo, un cappotto non lo indosserei d’estate, a meno che non voglia dar o far spettacolo o che non cominci a nevicare ad agosto (ed è accaduto, non ne sono diretta testimone, me l’hanno raccontato). Invece, le canotte le compriamo anche d’inverno (ma questa è colpa della produzione continua, per cui alcuni capi d’abbigliamento sono sempre sul mercato, pure “fuori stagione”, costano poco ma inquinano tanto).
Tornando a ciò che non è fine e non è inizio, le stagioni insegnano: paradossalmente hanno inizio e termine verso la fine del mese che le accoglie o le lascia andare. Come se sentissero il bisogno di agganciare inizio e fine o viceversa.
Perchè ci costa tanto dare più ragione alla libertà, mentre siamo propensi a lasciare più libertà alla ragione?
Come mai preferiamo la comoda fissità delle cose rispetto all’evidente fluidità delle circostanze?
Quale motivo ci induce all’accettazione prematura della fine di qualcosa ancora in corso, invece di muoverci prima almeno verso il finchè dura, poi magari verso il finchè si vuol che duri?
Questo modo di ragionare non intende sabotare l’oggettività, ma invitare a prendere coscienza che c’è uno sguardo interiore nei confronti di tutto quanto sta fuori e di quanto avviene, che permette all’esteriorità di esistere, aver valore, durare. Si tratta di imparare a guardare più a fondo – e a tutto tondo, per non restar incastrati in considerazioni o visioni costipate.
Le percezioni, che talvolta guidano scelte e decisioni, sono chiavi di lettura, istruzioni per l’“uso” consapevole della vita e delle sue opportunità e suggerimenti per superare intoppi e ostacoli.
Insomma, l’estate non finisce il 1 settembre. Ma non parlavo solo di estate, è chiaro, vero?