Lavorare nel profondo della campagna congolese significa vedere quotidianamente come anche i più piccoli e banali problemi possano diventare enormi.
Fare scuola si, ma inventandosi attività all’aria aperta per sostituire l’assenza di libri per tutti. Lavarsi certo, però con l’acqua raccolta in secchi di plastica tirati su dal pozzo appena fuori il villaggio. Comunicare poi, tentando di far funzionare telefonini sgangherati che in Italia non usano più nemmeno le nonnine. Ogni azione, fintanto la più semplice, sembra condannare ad una sforzo di fantasia per essere realizzata. Tra tutte ce n’è però una che supera anche l’immaginazione: spostarsi.
Nel mezzo di ettari ed ettari di terra rossa esistono straducole bucherellate che uniscono l’un l’altro villaggini dimenticati e lasciati scomparire nel colore del fango. Nonostante in linea d’aria non distino più di qualche chilometro l’uno dall’altro, i viaggi per raggiungerli si trasformano irrimediabilmente in imprevedibili avventure. Buche infangate, dirupi, tronchi di mango a bloccare il percorso. La tranquillità silenziosa della savana congolese, brousse per chi la vive, sembra nascondere una sorta di inaccessibilità naturale che ben lascia intendere perché alcuni abitanti dei villaggi più interni salutino i forestieri con balletti di benvenuto.
Ne sanno qualcosa i membri dell’equipe di AMKA Katanga che nelle ultime settimane hanno completato l’attività di monitoraggio in cinque villaggi dell’asse sud dell’area di Mabaya, raccogliendo informazioni sui livelli di malnutrizione di donne e bambini in loco. Armati di bilancia e foglio per appunti, hanno fatto domande, pesato e preso nota, fermandosi casa per casa. Un lavoro certosino di mappatura che li ha portati sino al villaggio più remoto della cartina: Dilefwe, una quarantina di case in fango raggruppate in forma sparsa attorno ai nodi di un tronco lunghissimo che fa da ombra e piazza centrale.
Dilefwe dista più di due ore in jeep da Kanyaka e la strada per arrivarci è una montagna russa puntellata di fossi e fiumiciattoli. L’equipe di AMKA è l’unica ad avventurarsi così dentro al cuore della brousse e i sorrisi rugosi dei vecchini del posto sono il premio per una traversata che ha il sapore dell’epopea, ogni volta.
Ora che il lavoro di monitoraggio è terminato, il team sta analizzando i dati raccolti e presto potrà iniziare il lavoro di distribuzione domiciliare di unità nutritive nei singoli villaggi. Si tratta di una sorta di “delivery” d’emergenza pensato per affrontare i casi più disperati di malnutrizione.
Spostarsi nella zona di Mabaya in Congo è una delle tante cose semplici che improvvisamente diventa complicata. Per questo, se bambini e mamme non riescono a raggiungere il centro di salute di Kanyaka, sono i medici di AMKA ad andare da loro, fino a Dilefwe.
Supportare le attività di AMKA significa anche questo: aiutare i suoi operatori a superare le difficoltà più semplici, semplici come andare a scuola o ricevere cure. Un passo (e una buca) alla volta.
[Per supportare la campagna di raccolta fondi “Apri gli occhi – In Congo con Ghiom” a favore dei progetti portati avanti da AMKA Onlus e Guglielmo nella Repubblica Democratica del Congo clicca qui o qui]