Nel nuovo appuntamento con la rubrica l’Era della Poesia, Noel Gazzano ci svela i piccoli e magici misteri che si nascondono dietro ad una delle forme artistiche più libere ed intime: il disegno. Nelle sue parole troviamo il senso del tuffarsi nella carta bianca alla ricerca di un anello che tenga unite al mondo esterno, dando forma al riflesso di quella intimità che appartiene ad ognuno ed ognuna.
Esistono linee che sanno uscire fuori dai bordi del colore per farsi immagine di altro, cadendo negli spazi bianchi della carta rimasta intatta. È l’incontro del bianco e del nero, del colore e della trasparenza, di ciò che c’è e di ciò che non appare, il luogo meticcio dove nasce il silenzioso rito della metafora, la reincarnazione della forma in qualcosa di lontano eppure irrimediabilmente vicino.
Disegnare per Noel è l’espressione più intima di ciò che le appartiene, un processo di catarsi attraverso cui liberare, in un getto di qualche istante, il flusso fuggente del proprio sentire. Al contrario della performance “che è nel mondo”, il disegno nasce e cresce in un rapporto a tre tra la mano, la china e la carta, dove il pubblico, il mondo, compare come elemento finale e ancillare. Il disegno è in una stanza, in un tavolo, nel laboratorio dell’arte che è la mente. Cade tra la gente alla fine del proprio viaggio, quando ogni forma ha già trovato il proprio posto nella terra fertile del simbolo.
Ecco allora la contrapposizione che colora d’indicibile magia il foglio riempito di china. L’atto di disegnare è pura intimità, una carezza che ha senso solo per chi la cura; fruire di un disegno, goderne, invece, è un gioco di massima libertà, un tuffo in mare aperto dove chiunque può trovarvi il significato più vicino, l’abito che meglio si modelli alle proprie emozioni, ai propri occhi, al proprio alfabeto.
Lasciare linee stese ad asciugare su un foglio è per Noel una sorta di scommessa al buio: una bottiglia lasciata dondolare tra onde sconosciute in cui viene racchiuso il messaggio dell’io, nella speranza che sia raccolto e letto. Per questo al lavoro dell’artista si contrappone quello di chi utilizza dell’opera: leggerla, interpretala, sentirla.
In un’assolata intervista in differita, la disegnatrice italo-americana ci ha svelato il senso dei simboli dietro le proprie forme, il codice personale attraverso cui comunica con la carta e di riflesso con il mondo esterno. Un alfabeto per il pubblico, utile per avvicinarsi ancor più alla voce intrecciata nelle pieghe della penna.
Scopriamo allora che i capelli, sfondo e nocciolo di molte opere, rappresentano i pensieri appena fuoriusciti dalla testa ed allo stesso tempo la protezione dell’anima soffice di fronte alla crudezza del mondo. Oppure che le linee delle immagini e quelle delle parole non sono forme diverse, ma parti di un unico ricamo su cui fioriscono le sensazioni di chi vi si stende.
Ogni curva, ogni schizzo segue una volontà, un segno, una traiettoria chiara e precisa. Questo però non limita la percezione di chi osserva, libero di ricostruire il significato riempiendolo del sapore umano che vi trova.
I disegni di Noel sono per ognuno ed ognuna degli specchi intimi in cui riconoscersi e perdersi. Frammenti di sé lasciati ad asciugare sulla pelle liscia della carta perché troviamo il coraggio di ricucirli insieme. È qui la forza intramontabile delle linee, il segreto che le si nasconde dietro: in un mondo in cui a protezione dell’anima solleviamo muri di apparenza, scopriamo un filo d’acqua che ci desnuda e fa sentire riflessi. Leggerci tra le linee scure diventa un esercizio di consapevolezza, un atto di pacificazione con l’intimità spesso fagocitata dal dover-essere.
È tutto qui il piacere dei disegni di Noel: tra le loro capriole possiamo scoprirci fragili, lontano dalla paura di riconoscerci soli. I capelli lunghi e mossi sono la nostra delicata armatura.
//
L’intevista a Noel la trovi qui
Per scoprire una selezione dei sui disegni clicca qui
Per leggere il precedente appuntamento su l’Era della Poesia invece qui]