Sopravvivere senza soccombere

– di Federico Sciascia

 
Talvolta mi chiedo, nei rari momenti di lucidità, quando tutto è iniziato, come se volessi scomporre pezzo per pezzo la mia esperienza nel tentativo di trovare “quel momento”, quello in cui qualcosa si è incrinato. È un esercizio complicato, logorante, quasi masochista, ma è un bisogno a cui non riesco a rinunciare, un dovere. La mia depressione, termine che detesto in quanto troppo vago, è scandita da immagini e dalle sensazioni che quest’ultime rimandano: la natura, un tramonto, una piazza, finanche dei palazzi diventano bestie spaventose in grado di paralizzarmi e di rendere tutto un inferno.

Dicevamo dell’esercizio cui sono condannato. Il primo ricordo è legato a degli alberi, alberi spogli, invernali, sofferenti. D’un tratto io sono corteccia e rami, la loro agonia è la mia, tutto si mischia in un drammatico turbinìo di vuoto e perdita della speranza, non c’è nulla che possa cambiare lo stato delle cose: questi alberi, io, noi, non torneremo mai a fiorire.

Sapete qual è la più sconvolgente verità che il mio male mi ha rivelato? Non c’è un prima o un poi, non esiste il momento in qualcosa si è incrinato: una volta che hai visto certe cose non c’è ritorno. Tu non sei diventato depresso,
lo sei sempre stato. Ogni singola sensazione della tua adolescenza, ogni singola sensazione del bambino che eri diviene improvvisamente chiara: sei sempre stato il terribile protagonista di questo spettacolo teatrale.

Sono sempre stato questo, probabilmente sin dal primo giorno di vita. Quello che cammina in centro ed è terrorizzato dai palazzi, demoni infernali pronti a risucchiarmi; quello che vede un cappio con la sua testa appeso su ogni albero delle vie di campagna; quello devastato dalle nausee dopo una scopata, perché non c’è vicinanza quando si è così in guerra con se stessi; quello che soffre di vertigine, ma solo perché teme di voler cadere giù, volerlo per davvero.

C’è una canzone che dice, parafrasando, «sopravvivere senza soccombere è già tanto», ed è questa la speranza che mi mantiene vivo: in fondo sono un eroe che sorregge il peso di tutto il mondo sulle mie spalle, ho perso decine e decine di volte, ma mi sono sempre rialzato.

Chi lo sa, magari un giorno quegli alberi spogli torneranno a fiorire

Non perderti nemmeno una briciola di bellezza resistente.