Dicono che quando Allah abbia creato il mondo ha preso le pietre che sono avanzate e le ha fatte cadere in un solo fazzoletto di terra. Lì è nato l’Afghanistan.
Nella notte del 21 marzo queste pietre antiche hanno deciso di traballare per trenta secondi in un terremoto di forza 6,5.
Per mezzo minuto il suono della lamiera colpita dalle oscillazioni si è fatto assordante, le finestre hanno cantato una litania ritmica, sorda, e Kabul è piombata in un’oscurità accecante.
Era Nawrūz, la notte che precede la primavera e l’inizio del nuovo anno persiano. Era giorno di festa. La natura ha voluto ricordare che spetta a lei scandire i movimenti del tempo.
Alle 21:16 le ciotole di hummus e fattoush appena terminato del ristorantino arabo in cui ci trovavamo per festeggiare prendono a saltellare. Corriamo fuori alla ricerca di un punto sicuro con addosso la paura di sentire i secondi farsi minuti e non finire più
Nel buio dei marciapiedi impolverati troviamo centinaia di persone d’ogni età avvolte in mantelli e hijab ricamati, i bambini dagli occhi assonnati raggomitolati sulle spalle morbide dei papà e le mani perlate delle nonne a stendere carezze per una buonanotte rimasta sospesa. Si formano piccoli capannelli ad ogni angolo. Gli sguardi sono di pace, quasi fossero ordinarie riunioni di quartiere.
C’è chi apre le braccia e intona una preghiera lenta, chi lascia cadere i propri occhi su un cielo immobile e con le labbra sibila un mantra silenzioso.
C’è serenità, contegno, fede che quello che verrà non potrà essere male. Allah saprà accompagnare ogni attimo fino all’alba.
Dopo una notte di silenzio e attesa, ci svegliamo il mattino seguente con un cielo grigio e denso. L’aria è invernale e una pioggerella obliqua sbatte sui tetti.
“Non si vedeva da settimane questa pioggia, ne avevamo bisogno” racconta con un sospiro compiaciuto un vicino.
Nel cortile di casa troviamo un aquilone a forma di farfalla con scritto sopra in caratteri farsi “Felice anno nuovo a tutti“. Deve essere volato via prima del trambusto dalle mani di qualche bambino in festa.
Le gocce fini tamburellano con insistenza e suonano il tempo incerto della ricompensa del cielo alla paura della notte.
Gli occhi placidi delle persone in strada dovevano sapere che dopo il buio sarebbe arrivata puntuale la luce del primo sole.
Imparare questa fede e rassegnazione alla grandezza è la prima lezione di una terra in cui le pietre portano dentro la sillaba iniziale di Dio e i bambini sanno far volare in alto auguri di pace.
E, a volte, anche lasciarli andare.
سال نو برای همه مبارک باشه