– di Eleonora Trapletti
Eleonora, da La Paz, ci racconta cosa vuol dire per lei essere volontaria nell’ambito del Servizio Civile Universale, quali sono le sue impressioni, le sue emozioni, e cosa rende questa esperienza un’occasione unica per vivere tutte le sfaccettature di una cultura completamente nuova. Un tuffo ad occhi aperti che scuote la mente e lo spirito.
Era da diverso tempo che riflettevo sulla possibilità di svolgere un anno di servizio civile all’estero, pensavo e ripensavo, ma ogni volta c’era qualcosa che mi bloccava e mi faceva rimanere ferma sull’idea di scegliere una città dove vivere in modo più stabile e cercare lavoro. Non sono per nulla vecchia, ma la pressione sociale che avevo zittiva la voce interna che emergeva ogni volta per farmi scegliere l’esperienza del servizio civile. Così, senza troppe aspettative, ho iniziato piano piano a leggere i progetti che venivano proposti dalle varie associazioni e a cercare di capire dove volessi andare.
Non è stato semplice, dato che l’interesse verteva su molti progetti, ma alla fine sono riuscita a sceglierne uno, quello che più mi rappresentava e che rispondeva a una tematica che per molti anni ho studiato e mi gratificava. Ho letto con attenzione il progetto ed ero sempre più convinta della mia candidatura. Il tema era “Settore Giustizia” e la figura che stavano cercando poteva corrispondere a quello che più mi interessava. Ho fatto il colloquio e sono rimasta in attesa della risposta per qualche mese. Ricordo ancora l’emozione che ho avuto quando ho ricevuto la chiamata da parte della presidentessa di CVCS. Non potevo ancora crederci che da lì a poco sarei partita per un anno destinazione La Paz!
La mia mente ha recepito benissimo la notizia, ma allo stesso tempo non riusciva a focalizzare il tutto. Sarei partita per un anno? E adesso? I pensieri hanno iniziato a scorrere veloci e l’emozione e la paura erano molte. Preparazione della valigia, del visto, salutare con malinconia la mia famiglia e le persone attorno a me… ma ormai c’ero… pronti e via insieme ai miei compagni di avventura! Avevo un mix di emozioni interne difficili da descrivere e ancora non riuscivo a credere che stavo realizzando il progetto che ho rincorso per diversi anni. Siamo atterrati all’aeroporto di El Alto in Bolivia, a quasi 4000 m di altezza, e lì ad aspettarci c’era Sara, la nostra Olp italiana pronta ad accoglierci e a farci conoscere un po’ la città. L’altitudine è stato uno dei primi ostacoli che ho dovuto affrontare, ma dopo qualche giorno tutto era passato ed ero pronta a godermi questa città. Fin da subito si è presentata una realtà molto differente da quella alla quale ero abituata, ma la curiosità era alle stelle e non riuscivo a togliermi il sorriso dalle labbra. I colori della città hanno catturato la mia attenzione e anche adesso, nonostante siano passati alcuni mesi, mi meraviglio ogni volta che scopro un angolo nuovo di La Paz.
La Bolivia è uno dei posti del Sud America dove si sono conservate le numerose caratteristiche che rendono uniche e particolari questo posto. Vedere le cholitas di tutte le età che camminano per la strada, avvolte dal loro aguaio e dai vestiti colorati mi trasmette un senso di felicità. Mi insegnano ogni giorno, pur non sapendo, la determinazione nel lavoro e nella vita.
Ogni giorno, nonostante le difficoltà del vivere in un contesto diverso dal mio, cerco di cogliere le cose positive e apprezzare la semplicità delle persone. Nonostante tutto, quello che sto vedendo e vivendo, mi conferma ancora di più che ho scelto un posto interessante e bello dove poter fare questa esperienza. Il lavoro mi piace, mi occupo insieme agli altri assistenti sociali che stanno facendo il tirocinio per l’università della fase post-penitenziario. Il mio ruolo consiste nel seguire i giovani che sono all’interno del centro di riabilitazione Qalauma da più di 6 mesi e iniziare a capire quali sono i loro bisogni, che possono variare dalla formazione scolastica ad un appoggio lavorativo, relazionale, psicologico, di salute o legale.
Mi entusiasma questo tipo di lavoro perché mi piace parlare con i ragazzi e poter offrire a loro un aiuto concreto. La realtà del sistema penitenziario non è facile e spesso ci si scontra per i diversi modi di riabilitare tra l’équipe multi-disciplinaria e la polizia. Credo nel progetto post-penitenziario di Qalauma, credo nei valori e nell’educazione che si vuole trasmettere ai ragazzi, non tramite la disciplina militare, ma tramite la riflessione. I ragazzi che si trovano all’interno del centro devono avere una seconda possibilità per poter migliorare le loro condizioni di vita e quello che cerco ogni giorno di trasmettere ai ragazzi è che c’è sempre una seconda chance se sai costruirtela e non bisogna mai arrendersi, perché la vita è bella e imprevedibile, perciò bisogna lottare contro le difficoltà quotidiane, sempre.
Nessuno è perfetto e tutti commettono errori, ma non per questo bisogna fermarsi. Parlo con i giovani e ogni giorno di più mi rendo conto che l’aiuto che ci diamo è reciproco, mi piace uscire dal mio ruolo formale di assistente sociale, mi piace stare con loro seduta e parlare di molte cose della vita, riconoscendo sempre di più che l’ascolto e una semplice chiacchierata generano sentimenti positivi. Non sempre è facile, per questo motivo è importante non perdere di vista l’obiettivo e i valori che vogliamo trasmettere, in modo che risulta più stimolante lavorare con entusiasmo e aiutare con tutti gli strumenti possibili i ragazzi che si trovano nel centro che hanno bisogno di una seconda possibilità.